Quattro novembre 1966.
Quel che accadde quel giorno in questa città, più o meno dovrebbero saperlo tutti. O quasi tutti; viviamo in tempi non belli.
Di solito, è conosciuto il famoso documentario girato con il commento di Richard Burton; ovunque arte, cristi di Cimabue, Uffizi, sculture, rinascimenti, chiostri e musei.
Pochi giorni dopo, senza che nessuno lo sappia, arriva a Firenze un reporter svizzero: si chiama Alain Tanner.
Alain Tanner nel 2009.
Alain Tanner lavora per la TSR, la Televisione della Svizzera Romanda; arriva a Firenze con una troupe della trasmissione Continents sans visa ("Continenti senza visto") e gira un reportage di ventiquattro minuti, intitolato Florence inondée. È, probabilmente, la cosa più bella, vera, autentica e impressionante che sia stata girata sull'alluvione di Firenze. La TSR lo ha messo a disposizione sul suo sito; è in lingua francese, ma comprensibilissima e con numerosi interventi in italiano (cliccare sul link):
La TSR lo manda in onda il 1° dicembre 1966, con la voce del giornalista François Enderlin. Con immagini davvero mai viste prima, e che parecchi -anche tra quelli che "c'erano"- vedranno forse per la prima volta. Certo, si parla dell'arte, dei tesori, dei libri; ma viene data davvero voce ai fiorentini di 45 anni fa. Si sentono le loro parole, e si vedono le loro facce, giovani e vecchie. Si vede la morte del centro storico di Firenze: l'alluvione distrugge un intero tessuto sociale, e il centro viene reso libero per la progressiva disneylandizzazione.
Un documento da vedere, e da ascoltare bene. Sembra appena ieri.
Per questo vorrei dare la parola a un giovane attore che merita rispetto e considerazione. Si chiama Saverio Tommasi. Scrive qui:
44 anni fa, quattro novembre 1966, eravamo in piena alluvione. Lo siamo ancora, ma in un altro senso. Quel giorno c'era l'acqua alta cinque, sei metri, per le strade del centro storico di Firenze: via Cerretani, via Panzani; e poi a Brozzi, a San Donnino, in tutta la provincia pianeggiante di Firenze. Aveva straripato l'Arno, ma anche il Mugnone e gli altri fiumi e fiumiciattoli, rigagnoli d'estate, marea d'acqua quel giorno, 4 novembre '66. Morirono trentaquattro persone.
Migliaia di giovani arrivarono a Firenze per spalare fango, salvare superstiti, ripristinare le attività: gli angeli del fango. Con la lettera minuscola e il cuore grande.
Ieri sera ho introdotto la puntata "Inchieste" della giornalista Patrizia Menghini, su Rtv38, con un pezzo teatrale proprio su quell'alluvione, e ora voglio ricordare, attraverso le parole, alcune sensazioni e certi odori di quei giorni, che sento vicino anche se nel '66 mancavano tredici anni alla mia nascita. Le sento vicine perché profumano di quella politica che sento vibrare dentro, di quella politica che voglio.
Provo Affetto per le migliaia di giovani arrivati a Firenze per spalare fango e merda, rimuovere detriti, rimettere in piedi una città. Fra loro, fra gli angeli del fango, i bagnini della Versilia, arrivati con patini e gommoni.
Sento Condivisione per la decisione del circolo arci del paese, che in Toscana chiamiamo ancora Case del Popolo, di aprire i suoi spazi al primo piano, per ospitare in salvo le mucche degli allevatori.
Provo Solidarietà per i tanti fiorentini che abitavano sopra e nei pressi del carcere delle Murate e che quel giorno accolsero i detenuti nelle loro abitazioni, dopo che le guardie aprirono le celle perché non facessero la "fine del topo".
Provo Comunanza per lo spirito libero, ma consapevole, del proprietario di quella trattoria devastata dall'alluvione, che espose il cartello: "Oggi, specialità in umido".
Credo che siano questi, gli elementi della "buona politica": Comunanza, Solidarietà, Affetto, Condivisione.
Per questi ho deciso di impegnarmi a costruire qualcosa d'altro, qualcosa di meglio.
Quel che accadde quel giorno in questa città, più o meno dovrebbero saperlo tutti. O quasi tutti; viviamo in tempi non belli.
Di solito, è conosciuto il famoso documentario girato con il commento di Richard Burton; ovunque arte, cristi di Cimabue, Uffizi, sculture, rinascimenti, chiostri e musei.
Pochi giorni dopo, senza che nessuno lo sappia, arriva a Firenze un reporter svizzero: si chiama Alain Tanner.
Alain Tanner nel 2009.
Alain Tanner non è Richard Burton, anche se parla l'italiano notevolmente meglio di quest'ultimo. È un reporter celebre soltanto nella Svizzera Romanda, dove ha realizzato dei servizi sulla condizione degli operai immigrati (ed è per questo che parla bene l'italiano); passa per un socialista di sinistra, e in tempi in cui il Partito Comunista è ancora al bando nella Confederazione Elvetica, ciò praticamente gli equivale.
Alain Tanner lavora per la TSR, la Televisione della Svizzera Romanda; arriva a Firenze con una troupe della trasmissione Continents sans visa ("Continenti senza visto") e gira un reportage di ventiquattro minuti, intitolato Florence inondée. È, probabilmente, la cosa più bella, vera, autentica e impressionante che sia stata girata sull'alluvione di Firenze. La TSR lo ha messo a disposizione sul suo sito; è in lingua francese, ma comprensibilissima e con numerosi interventi in italiano (cliccare sul link):
La TSR lo manda in onda il 1° dicembre 1966, con la voce del giornalista François Enderlin. Con immagini davvero mai viste prima, e che parecchi -anche tra quelli che "c'erano"- vedranno forse per la prima volta. Certo, si parla dell'arte, dei tesori, dei libri; ma viene data davvero voce ai fiorentini di 45 anni fa. Si sentono le loro parole, e si vedono le loro facce, giovani e vecchie. Si vede la morte del centro storico di Firenze: l'alluvione distrugge un intero tessuto sociale, e il centro viene reso libero per la progressiva disneylandizzazione.
Un documento da vedere, e da ascoltare bene. Sembra appena ieri.
Per questo vorrei dare la parola a un giovane attore che merita rispetto e considerazione. Si chiama Saverio Tommasi. Scrive qui:
44 anni fa, quattro novembre 1966, eravamo in piena alluvione. Lo siamo ancora, ma in un altro senso. Quel giorno c'era l'acqua alta cinque, sei metri, per le strade del centro storico di Firenze: via Cerretani, via Panzani; e poi a Brozzi, a San Donnino, in tutta la provincia pianeggiante di Firenze. Aveva straripato l'Arno, ma anche il Mugnone e gli altri fiumi e fiumiciattoli, rigagnoli d'estate, marea d'acqua quel giorno, 4 novembre '66. Morirono trentaquattro persone.
Migliaia di giovani arrivarono a Firenze per spalare fango, salvare superstiti, ripristinare le attività: gli angeli del fango. Con la lettera minuscola e il cuore grande.
Ieri sera ho introdotto la puntata "Inchieste" della giornalista Patrizia Menghini, su Rtv38, con un pezzo teatrale proprio su quell'alluvione, e ora voglio ricordare, attraverso le parole, alcune sensazioni e certi odori di quei giorni, che sento vicino anche se nel '66 mancavano tredici anni alla mia nascita. Le sento vicine perché profumano di quella politica che sento vibrare dentro, di quella politica che voglio.
Provo Affetto per le migliaia di giovani arrivati a Firenze per spalare fango e merda, rimuovere detriti, rimettere in piedi una città. Fra loro, fra gli angeli del fango, i bagnini della Versilia, arrivati con patini e gommoni.
Sento Condivisione per la decisione del circolo arci del paese, che in Toscana chiamiamo ancora Case del Popolo, di aprire i suoi spazi al primo piano, per ospitare in salvo le mucche degli allevatori.
Provo Solidarietà per i tanti fiorentini che abitavano sopra e nei pressi del carcere delle Murate e che quel giorno accolsero i detenuti nelle loro abitazioni, dopo che le guardie aprirono le celle perché non facessero la "fine del topo".
Provo Comunanza per lo spirito libero, ma consapevole, del proprietario di quella trattoria devastata dall'alluvione, che espose il cartello: "Oggi, specialità in umido".
Credo che siano questi, gli elementi della "buona politica": Comunanza, Solidarietà, Affetto, Condivisione.
Per questi ho deciso di impegnarmi a costruire qualcosa d'altro, qualcosa di meglio.