mercoledì 19 novembre 2014

Tramonto occidentale



Nessuna connotazione geopolitica, storica o di "civiltà".
Si tratta di una semplice e ovvia connotazione astronomica e geografica.
Il sole tramonta a occidente così come sorge a oriente.
Era uno squarcio improvviso; tutto all'intorno, un oceano di nuvole nere.
Era un autunno tiepido e umido che non volgeva da nessuna parte.
Era un luogo mai visitato, o raramente, dalla peste del consueto.
Era una luce abbagliante sopra la città della pioggia e dell'attesa.
 

domenica 16 novembre 2014

Publiacqua: mortale come l'amianto



La Toscana ha 3.700.000 abitanti: essa deve sopportare un carico inquinante idrico pari a quello di circa 12.130.000 abitanti. In parole povere: l'inquinamento subìto e prodotto dalle acque toscane equivale a quello dell'intera Olanda. Di questo abnorme carico inquinante idrico che grava sulla nostra regione, i ¾ sono dovuti all'industria e il resto all'agricoltura.

Chi paga? La tariffa regionale per le grandi utenze (multinazionali, media industria ecc.) è di 0,16 centesimi al metro cubo. Il cittadino, invece, paga a Publiacqua una tariffa di 2,37 euro al metro cubo: come si può vedere, la sproporzione è enorme. Secondo la Legge n° 36 del 5/1/1994 (la cosiddetta “Legge Galli”), però, per il consumo idrico è stata stabilita la seguente priorità: 1) CONSUMO UMANO; 2) Consumo agricolo; 3) Consumo industriale. Come si può vedere, e come è consueto in questo paese, la realtà dei fatti è l'esatto contrario della “legislazione”. Non si tratta di uno stato di diritto, ma di uno stato al rovescio.

A seconda del trattamento chimico e fisico, dell'affinazione e della disinfezione delle acque, esse sono state suddivise in “classi”. Ebbene, in Toscana, l'88% delle acque rientra nella classe “A3”, vale a dire la peggiore. Sono dati provenienti da relazioni ufficiali sullo stato dell'ambiente: come si può vedere, la situazione delle acque toscane è disastrosa. Ciononostante, la cittadinanza paga oro questa schifezza mentre, naturalmente, multinazionali, banche e le “società compartecipate” (che, di fatto, sono involucri vuoti, come Publiacqua) vi lucrano sopra con gli stessi profitti del petrolio.

Basta questo? No, carissima, avvelenata e tartassata cittadinanza toscana. Da circa un mese, infatti, è risaltato fuori un “piccolo” ulteriore problema. In tutta la rete di condutture di Publiacqua, che è la più estesa d'Europa, vi sono circa 225 km di tubature in cemento-amianto. Pensiamo che tutti siate a conoscenza del gravissimo pericolo cancerogeno dell'amianto, o asbesto: le cronache sanitarie e giudiziarie degli ultimi anni ne sono piene. Ebbene: Publiacqua, quella per cui il suo presidente Vannoni (Partito “Democratico”) dichiara “la mia acqua si paga cara e se non la pagate vi si stacca”, fa scorrere l'acqua destinata al “consumo umano” di Firenze, Prato, Pistoia, Empoli e Arezzo attraverso condutture cancerogene.

L'acqua di Publiacqua, quindi, si potrebbe pagare carissima: con la morte. Non ci staccano l'acqua: ci staccano la vita.

E chi ce la stacca? Ce la staccano coloro che veramente stanno dietro Publiacqua, come risulta dal suo bilancio: Monte dei Paschi di Siena, Cassa di Risparmio di Firenze (gruppo Intesa/San Paolo), Banca Popolare di Vicenza, Banca Nazionale del Lavoro, Unicredit e, in doppia quota, di nuovo il Monte dei Paschi di Siena in quanto acquirente dell'ex Banca Toscana. Inoltre, Banca Intesa e lo spagnolo Banco Bilbao Vizcaya Argentaria. La cosiddetta “acqua pubblica” toscana appartiene in realtà a una nutrita banda di banche che si servono dell'involucro “compartecipato” che va sotto il nome di “Publiacqua”. Sarebbe più onesto chiamarlo “Creditacqua”. Da stupirsi? Niente affatto. Tutto questo si chiama capitalismo, e il capitalismo è barbarie.

Per riassumere: Ci forniscono acqua di dubbia qualità (altro che i “fontanelli di alta qualità” tanto strombazzati, senza contare che un solo fontanello made in Renzi ne ha fatti chiudere dieci precedenti). Ce la fanno passare attraverso condutture a base di amianto. Ce la fanno pagare a peso d'oro, però con tutte le facilitazioni del mondo per le multinazionali presenti sul territorio. Si diceva che sui poveri piovono pietre: sbagliato. Sui poveri, in Toscana,


PIOVE AMIANTO.

mercoledì 29 ottobre 2014

I fascistelli, il rispetto e l'irrigidamento: per Fratelli d'Ita(g)lia il ridicolo è una vocazione.



Sembra che il gruppo consiliare di Fratelli d'Ita(g)lia presso la Regione Toscana abbia deciso di redigere e far stampare un volantino, tradotto anche in lingua araba, da distribuire a partire dalla prossima settimana in una specie di tour nei luoghi più frequentati dagli immigrati nelle città toscane. Tale volantino contiene un "decalogo del rispetto" che, come è lecito attendersi da personaggi di tale fatta, è il solito concentrato di idiozie, luoghi comuni e finte professioni di "civiltà" degno, appunto, di perfetti rappresentanti dell'italica fascistelleria.

Non occorrerebbe, in fondo, soffermarsi troppo su tale iniziativa dei consiglieri regionali di Fratelli d'Ita(g)lia, se non fosse magari per un'autentica perla di cui hanno corredato il loro decalogo (che, se lo è, lo è casomai della perfetta imbecillità italiana del XXI secolo). Come si può notare, infatti, il primo punto del decalogo riguarda la "nostra lingua", "fondamentale per farsi comprendere e dimostrare volontà di integrazione".


Quanto sia fondamentale la lingua italiana per i fratelli italioti, lo si può constatare facilmente da un passo del volantino in questione, dove si propone un irrigidamento delle pene, voce del verbo irrigidare; e pensare che, nella lingua italiana peraltro assai meglio conosciuta da parecchi immigrati di quanto non la conoscano e scrivano gli epici, estetici & etici autori del decalogo, fino a stanotte si diceva irrigidire (con il conseguente sostantivo astratto derivato: irrigidimento). Non si osa pensare come debba essere la traduzione araba di questo meraviglioso paradigma di proterva ignoranza; ma v'è il ben preciso sospetto che il traduttore automatico di Google abbia lavorato a pieno regime.

Per riassumere, quindi: agli immigrati, i Fratelli d'Ita(g)lia raccomandano di imparare e parlare la stessa lingua che loro stessi sono del tutto incapaci di usare correttamente, infilando nel decalogo uno strafalcione mostruoso nel complesso, peraltro, di una sintassi approssimativa e del tutto elementare, che non sarebbe esagerato definire da barrettino di quart'ordine.

Ma si sa: si tratta di persone per le quali il ridicolo è una vocazione; e non perdono nessuna occasione per ricordarlo e farlo presente. Resta soltanto da augurarsi che, se il decalogo verrà effettivamente distribuito, esso susciti una reazione del tutto naturale: quella di essere accolto a risate. Ai Fratelli d'Ita(g)lia raccomanderei invece di decidersi finalmente a imparare seriamente ad esprimersi in lingua italiana. Su questo aspetto sono particolarmente rigida, anzi, pardon, irrigidata.

venerdì 24 ottobre 2014

La culla del Rinascimento


Stazione (privatizzata) di Firenze Santa Maria Novella
sera del 24 ottobre 2014, anno I e.R.

lunedì 6 ottobre 2014

lunedì 8 settembre 2014

Oltrarno






Piazza Piattellina, estate 2014.


mercoledì 3 settembre 2014

Il divieto favoloso



Il signore che si vede passeggiare nella foto sarebbe, pensate un po', nientepopodimeno che Giacomo Leopardi. Come è stato fatto notare oggi su alcune gazzette, si tratta di un fotogramma del film Il giovane favoloso di Mario Martone, incentrato appunto sulla vita del poeta recanatese e presentato in concorso alla mostra del cinema di Venezia; la scena si dovrebbe svolgere nel 1837, e qualcuno ha fatto notare che Leopardi, nella sua passeggiata fiorentina, sta passando davanti alla Biblioteca Nazionale Centrale, che è stata costruita agli inizi del XX secolo e inaugurata nel 1911. Poco male; senonché nessuno sembra essersi accorto che Giacomo Leopardi, oltre a transitare con bastone e cappello a cilindro nel 1837 davanti a un edificio costruito circa 75 anni dopo, si gode anche la vista di un favoloso segnale stradale di divieto di transito, evidenziato nel cerchietto. Come dire: il film magari non vincerà il Leone d'Oro, però è da apprezzare per il contributo all'educazione stradale.

venerdì 20 giugno 2014

Mondialinasëga


Può darsi che la vostra (parecchio nera) amica Pampalea non si faccia notare, ultimamente, per la sua grande attività blogghistica; ma che ci volete fare. Noialtri gatti neri siamo fatti così, e ancor di più se gatte; ma, ogni tanto, qualcosa si può e si deve dire; e anche in questo noialtri gatti, neri, bigi, rossi o d'altri colori, siamo fatti così.

La fotografia sopra è stata scattata dall'amico Biribissi (quello più basso di Sussi) la sera del 14 giugno scorso in un campetto della periferia di questa città; una periferia un po' strana, a dire il vero. Un tempo si chiamava San Donnino, ove "Donnino", cioè il latino volgare Domininus, altro non era che il Bambin Gesù, il "Piccolo Signore". Ora la chiamano San Pechino, da quando vi si è installata una parte della più grossa comunità cinese d'Italia; un viluppo di laboratori tessili, di ideogrammi, di icchececé, di residui di toscomunismo, di corna alle mogli, di vecchie automobili con gli occhi a mandorla, di donne trentacinquenni che ne dimostrano sedici, di razzismi, di bizzarre solidarietà.

Sul campetto di quel posto là, proprio la stessa sera in cui, nel lontano Brasile, esordiva la nazionale di pallone dell'Enotria impegnata contro la perfida Albione, un nutrito gruppo di ragazze e ragazzi, di quella gente che non vi garberebbe tanto frequentare in certi posti sotto sgombero, sotto taglio della luce, sotto Daspo, sotto processo e sotto ogni cosa, si riuniva per un torneino di una cosa che sì, teoricamente ha le stesse modalità di giuoco e le stesse regole del pallone dei Mondialinasëga e de' cristiani ronaldi, de' balöthelli, de' nèimar e de' miùller, ma che, credete alla vostra gatta nera di fiducia, è qualcosa di parecchio diverso.

Era un torneino fatto per ricordare un ragazzo come loro, un ragazzo dei loro, l'amico del mio amico Malborgatto (che saluto, qui, con un bel soffio). Un ragazzo che non c'è più da un maledetto sette di dicembre, ma che continua a vivere in mille e strani modi; non ultimo, no, un torneino di pallone a San Donnino, la sera dell'esordio di non si sa che cosa debba esordire. Gli stessi ragazzi che, finito quello strano torneo dove non ci sono campioni e dove tutti vincono, persino chi non gioca, si sono messi a ballare, a saltare, a pogare per la Malasuerte. Che bel nome; sembra tutta la nostra vita.

E così è. Ora si guardino pure i Mondialinasëga, brava gente. Si sgozzino tranquillamente moglie e figli prima d'andare a guardare gli eroi con le maglie azzurre, rosse, gialle, bianche e a pallini. Si facciano complicati calcoli sul passaggio del turno mentre, da qualche parte che vi è perlopiù ignota, le pallonate si lanciano a stelle vestite di magliettacce e di pantaloncini bisunti, le stesse stelle che brillano in notti di periferia.

domenica 1 giugno 2014

31 maggio ore 16: Ripreso il Fondo Comunista!!!



Aggiornamento sulla situazione del Fondo Comunista delle Minime.

Oggi, 31 maggio ore 16.00, il fondo è stato riconquistato.


Il Fondo è nostro e non si tocca!

Dichiarazione n.1 dell'Assemblea del Fondo Comunista:

Il nostro spazio sociale è stato ripreso come forma di resistenza all'ennesimo sopruso.


Ci siamo uniti per resistere, ma non basta più, è tempo di stringersi per passare all'offensiva.

Dobbiamo espandere la possibilità di socialità e di organizzazione tra tutti i proletari.

Operai, studenti, disoccupati, vinceremo tutti organizzati!




I NOSTRI SPAZI SI DIFENDONO 
CON LE UNGHIE E CON I DENTI!

venerdì 30 maggio 2014

Nardelle le Sgombereur: Chiuso il Fondo Comunista a Firenze



Ieri mattina, alle 8, il Collettivo del Fondo Comunista, in via Rocca Tedalda alle Case Minime, è stato sgomberato manu militari e sigillato con decreto e timbri della Procura della Repubblica di Firenze. Polizia Municipale e Digos in azione, con tanto di perquisizione dei locali. Di essere oramai sotto tiro lo si sapeva da tempo, almeno fin da quando, periodicamente, erano venuti a cambiare le serrature della porta (che erano state fatte regolarmente saltare per rientrare); stavolta hanno fatto le cose in grande stile.

Il Fondo Comunista esiste da oltre vent’anni. Si trova in un quartiere, le Case Minime di Rovezzano, per il quale ha sempre rappresentato ben più di un punto di riferimento e di aggregazione. Nella Firenze-salottino, o Firenze-vetrinetta, del Renzismo trionfante, un quartiere come le Case Minime è semplicemente qualcosa da cancellare, a cominciare da chi per esso ha sempre lottato e agito ad ogni livello; certamente, lo sgombero del Fondo Comunista si inserisce in una più vasta azione (non soltanto locale) di eliminazione di ogni realtà antagonista, sociale e politica, che non si uniforma minimamente ai diktat di “pace sociale” e di “legalità” imposti dal “Partito Democratico” e dei poteri forti; anche perché il Fondo Comunista, oltre ad essere un punto di attività e di lotta, lo è anche di studio e di proposta. Prova ne sia che, ieri, durante la perquisizione, sono state portate via anche copie di volantini e manifestini girati in città e, soprattutto, la bozza (già in fase avanzata di realizzazione) di una proposta di discussione che il Fondo intendeva produrre e proporre a tutte le situazioni con le quali siamo in relazione. Bozza che non era nostra intenzione far circolare (sia su Internet che in incontri) fino a quando non avesse avuto una stesura definitiva. Ora è in mano a giudici e polizia.

Si conferma così quella sorta di “scaletta” che presiede agli insediamenti delle giunte renziane a Firenze: nel 2009, il primo provvedimento dell’allora neoeletto Supergiovane Renzi era stato lo sgombero del Mercatino Etnico del Lungarno Pecori Giraldi, all’alba e senza alcun preavviso, con i soliti pretesti dello “spaccio”, del “degrado” e dalla “restituzione ai cittadini di uno spazio verde”; andatelo un po’ ora a vedere quello “spazio verde restituito”, contornato da decine di pullman turistici puzzolenti, a volte parcheggiati là davanti in doppia fila e, naturalmente, del tutto deserto e in via di abbandono. Appena eletto, Dario Nardella si è sentito in dovere di inaugurare il suo mandato in modo del tutto analogo; prima ha “trionfato”, il giorno dopo si è fatto fotografare gongolante in maternità dove la consorte gli ha scodellato un bel pargoletto (che bello il sindaco neopapà, è così family-friendly!) e, il giorno dopo ancora, ha sgomberato il Fondo Comunista. Un bello sgombero serve per ribadire immediatamente che cosa aspetta Firenze in questi anni, e soprattutto quella Firenze che non ci sta e non c’è mai stata. Che c’è ancora, nonostante tutto. Che esiste e non cesserà di esistere, malgrado i tempi durissimi che ci aspettano in questo anno I dell’Era Renzista.

Firenze, va detto, non è soltanto una vetrina per il renzismo (mondiali di doping –altresì detto ciclismo-, futuro G8…); è anche una città-laboratorio dove, da tempo, si sperimentano tecniche di controllo, repressione e normalizzazione. La città delle telecamere capillari, della riduzione del centro storico a un deserto sociale e abitativo (l’ultimo baluardo, l’Oltrarno, è oramai sotto attacco), delle manovre di asservimento alle speculazioni capitalistiche, dell’esproprio dei beni pubblici (trasporti, acqua), delle squadrette "antidegrado" della Municipale. Si tratta di tecniche e caratteristiche che, con Supergiovane Renzi al potere nazionale (e inserito nel contesto europeo e internazionale) troveranno e già trovano applicazione perfetta (si veda il “Jobs Act”). In tale contesto, ogni realtà di reale opposizione, di attività e di proposta alternativa deve essere spazzata via, dalla più piccola alla più grande. Il Fondo Comunista è una realtà piccola che si è sempre mossa a livello di quartiere; ma non per questo fa meno paura, e il sequestro dei suoi documenti sta lì a dimostrarlo. Si vuole evidentemente vedere che cosa “bolle in pentola”, e si mandano urgentemente le forze dell’ordine a impossessarsene (oltre che a sgomberare e sigillare).

In questo caso, chiamare alla solidarietà ha e deve avere un valore che va ben oltre il semplice atto. Il Fondo Comunista è una realtà come ce ne sono tante altre in ogni città, in ogni quartiere; e tutte queste realtà, sarà bene realizzarlo definitivamente, sono sotto attacco perché non devono più esistere. Devono essere neutralizzate. Non c’è nessun posto per loro nell’assetto sociale che si va configurando e, di conseguenza, tutte le loro azioni, rivolte agli strati più deboli e disagiati della popolazione, ai lavoratori, ai precari, ai senzacasa e a tutte quelle fasce di persone che il capitalismo ha necessità di eliminare in questa sua fase di esplosione e di declino inarrestabile. La brutale questione è questa: non si tratta tanto di un singolo sgombero (quotidiano: si veda, ad esempio, quello di una realtà come il Taksim di Bologna, avvenuto pochi giorni or sono), quanto di un processo di eliminazione e di distruzione. La solidarietà alla quale chiama il Fondo Comunista di Firenze è solidarietà di classe. E’ solidarietà non soltanto resistenziale, ma di azione incessante e giornaliera. E’ la solidarietà di chi intende non essere schiavo per sempre, ma artefice del proprio presente e del proprio domani.

Il Collettivo del Fondo Comunista, pur in mezzo alle ovvie difficoltà che lo sgombero di ieri comporta (privazione di un punto di riunione) continuerà la sua attività senza nessuna sosta. Firenze è tutt’altro che “normalizzata”, e di questo la giunta del “neopapà” Nardella deve prendere atto ed aspettarsi risposte adeguate e ragionate. Dietro quella sua faccina da “bravo ragazzo”, e dietro a tutte le faccine come la sua ivi compresa quella di Matteino, si nasconde l’odio, e non si nasconde nemmeno troppo bene. Sarà nostra cura, oggi come ieri, non fargliene passare una che sia una.



Nella foto: il Sindaco di Firenze, Dario Nardella, in attesa che la consorte gli sgomberi partorisca un erede.

giovedì 1 maggio 2014

domenica 16 marzo 2014

JRW



Il 16 marzo del 1978, a Lubriano in provincia di Viterbo, si dipartiva dalla vita, ché altre non ce ne sono, Juan Rodolfo Wilcock.

Quella che vedete assieme a lui nella fotografia, non sono io. Io non mi ricordo nemmeno dov'ero, il sedici marzo del millenovecentosettantotto.

Sembra che, non molto lontano da Lubriano, stesse proprio in quel giorno accadendo qualcosa di spiacevole a un famoso statista di cui, smemorata come sono, non mi rammento precisamente il nome; mi pare fosse Doro. No, Boro. Caldo Boro, ecco.

Ne parlarono tutti i giornali del mondo e fecero pure le edizioni straordinarie. Però, a pensarci anche a tanti e tanti anni di distanza, di statisti è pieno il mondo. Di Juan Rodolfo Wilcock, invece, ce n'è stato uno solo.

E poiché, in quel giorno, della sua morte non importò niente a nessuno, mi pregio, da antica gatta nera quale sono, di non importarmene un fico secco dello statista. Che, ora che ci penso, forse si chiamava Baldo Poro. O Valdo Zoro. Chissà!

Me ne importa parecchio, invece, di quell'argentino mezzo inglese che, a un certo punto, si mise a scrivere in italiano. Gli statisti non lasciano nessun vuoto. Juan Rodolfo Wilcock, sì.

martedì 7 gennaio 2014

Buon 7 gennaio con dedica.



Oggi è il sette di gennaio e è sempre una bella giornata.
Scompaiono luminarie, lussi, babbinatale, indici dei consumi, gesubbambini e tutto il resto.
Ai saldi del cazzo non ci va nessuno, tanto sono truffe.
Oggi sette gennaio è anche un mese esatto che il Bollo se n'è andato.
Oggi sette gennaio è un mese che il Bollo non se n'è andato per niente.
Non vi aspettavate mica che un'antica gatta nera augurasse "buonanni" a gratis.
Invece se ne va per Santo Spirito e per l'Oltrarno tutto, e c'è roba nell'aria.