domenica 23 maggio 2010

Que viva la movida!


Il mio amico umano Sussi, come forse sapete, lavora e presta servizio presso un'associazione di emergenza e trasporto sanitario; tra le sue incombenze, mentre mi lascia il suo appartamentino bello vuoto e a disposizione per le festicciuole feline, c'è lo svolgimento di non pochi turni notturni. È appunto tornando a casa stravolto, alle sette del mattino, dopo uno di questi turni, che mi ha raccontato quanto segue.

Alle quattro del mattino, sembra che la centrale del 118 abbia inviato lui e la sua squadra per un intervento presso una nota discoteca di questa città, uno di quei due o tre locali -tutti concentrati in pochi metri nel centro storico- che lo scorso anno ebbero a subire qualche problemuccio giudiziario. Siamo, a quell'ora, nel pieno della movida cittadina, in quei posticini che piacciono peraltro tanto a certi ribelli non conformi. E la cosa è andata come segue.

Arrivati sul posto, Sussi e la sua squadra si sono ritrovati in mezzo al delirio più totale. Gente sul marciapiede che vagava non si sa se più briaca o più firmata. Auto di grossa cilindrata completamente bloccate col motore acceso. All'ingresso del locale, i buttafuori impegnati a prendere per la collottola giovinotti sudati e benvestiti che volevano entrare. Qualcuno che si sbracciava per chiamare i sanitari a scendere giù in pista.

Sussi, una volta entrato, si è ritrovato senza scarpe. Letteralmente incollato al pavimento, su un appiccicaticcio di bevande alcooliche rovesciate, long drinks, sostanze zuccherose e mollicce vendute al modico prezzo di euro cinquanta a "consumazione". Ha fatto un passo, e prima gli è rimasta appiccicata una scarpa e poi l'altra.

Su un divanetto, un giovane (ovviamente firmatissimo) in preda alla madre di tutte le sbronze. Disteso coi pantaloni slacciati, e completamente ricoperto di sudore e vomito (una scena elegantissima e trendy come si confà a un locale del genere). Non rispondeva alle domande, ma emetteva strani grugniti cercando di tirare nel viso a chiunque si avvicinasse. Urla e berci. Arriva l'immancabile buttafuori: Che vi si può sbattere a calci sul marciapiede, poi ci pensate voi? Nel frattempo, passano altri bei giòvini dietro alle cubiste, si sente parlare in russo, in bulgaro, in croato. Conversazioni a base di dove si va dopo?, màcchine, soldi. Tutti o quasi passano accanto al giovinotto svomitato, che continua ad emanare un odor di lezzo difficilmente descrivibile.

Pare che sia solo. Non si trovano i documenti. Alla fine viene tirato su e condotto fuori assai poco cerimoniosamente; è passata una mezz'ora buona. Fuori dal locale, il delirio è ancora aumentato: passano ragazzotte spagnole, chiedendo que pasa?, e emettendo risatine non si sa se più stupide o isteriche. Non si sa come, un camion targato Brescia, con a bordo esterrefatti lavoratori, si è perso incastrandosi nella strada senza uscita: a Sussi tocca spostare l'autoambulanza mentre il giovinotto crolla sulla barella sistemata sul marciapiede. Clacson che suonano. Musiche assordanti dalle autovetture bloccate. Parte uno scuterone sgommando, e dopo cinquanta metri si schianta contro uno dei paletti che reggono le catene della zona pedonale. Arrivano due pattuglie dei Carabinieri, che rimangono bloccate anche loro senza sapere cosa fare. Sulla barella, il giovine alla moda continua a emettere grugniti e a vomitare; poco oltre, lo scuteronista è per strada col culo per terra. Sottofondo di cacofonie, chiasso, risate. Alla fine, Sussi riesce a districarsi con la sua ambulanza e a dare una mano anche ai poveri camionisti bresciani. È passata un'ora; albeggia.

Mi dice a questo punto Sussi: "Lo abbiamo portato all'ospedale, da solo, senza un amico, senza un documento. Uno che dev'essere andato là per divertirsi, per cercare donne, per stare in mezzo alla bella gente. Ci ha ridotto l'interno dell'ambulanza a un letamaio, e rientrati in sede ci è toccato pulire ogni cosa. Deve aver passato proprio una seratina divertente!".

Ecco, alla fin fine tutto questo bisogna pur raccontarlo. Come bisogna dar conto anche del commento finale di Sussi: "Non ho provato nulla. Mi sembrava di stare in mezzo al vuoto più totale. Al niente che c'è sotto l'apparenza di quella gente, di quei posti. Vuoto pneumatico. Stordimento e un vago, ma neppur tanto, senso di disperazione palpabile; cosa che col vuoto va a meraviglia. Il tutto condito con idiozia, violenza gratuita, indifferenza. Non ho avuto nemmeno voglia di demonizzare, non ce n'era motivo alcuno. Il demonio è una cosa seria. Quella lì era solo la quotidiana buffonata di un mondo finto."

mercoledì 19 maggio 2010

Qualche domanda di una gatta a proposito di un sedicente "centro sociale di destra"


In Romagna, un "centro sociale" è un posto con il biliardo, gli anziani che giocano a carte e la televisione accesa sul Gran Premio di Monza, tifo indiavolato per la Feràri e bicchieroni di sangiovese. In diversi altri posti, invece, un "centro sociale" è un posto qualsiasi (una scuola dismessa, uno stabile vuoto) generalmente occupato e dove si esplicano le attività e le militanze della sinistra antagonista. C'è poi in questa città, in una via intitolata a un frate bruciato un altro centro autoproclamatosi "sociale", che ultimamente mi ha un po' incuriosita anche per un divertente clone che è stato fatto del suo sito-blog e per alcuni articoli critici letti su vari altri blog (ad esempio questo). Poiché, in quanto gatta (e pure nera) sono curiosa per natura, ho deciso -visto che va molto di moda- di rivolgere qualche domanda a codesto "centro sociale di destra", lontana però sia dalla critica aprioristica, sia dalla pur divertente e irriverente goliardata. Si tratta ovviamente di domande retoriche, che non presuppongono una risposta obbligatoria; inoltre, contrariamente alla prassi, non sono neppure dieci.

Parto da un presupposto assolutamente necessario: se "Casaggì" (così si chiama tale entità) ha scelto di denominarsi "centro sociale", la specificazione "di destra" è superflua. Nella Romagna testè nominata, nessuno si è mai sognato di specificare "Centro Sociale per il gioco del Tressette e per il Tifo Ferrarista". Sull'insegna (se c'è) di nessun centro sociale antagonista sta scritto "Centro Sociale di Sinistra". Un Centro Sociale è un Centro Sociale e basta. È un centro dove si svolgono, o si dice di svolgere, attività sociali. La specificazione "di destra" è quindi, di per sé, l'ammissione di volersi rifare a modelli ed esperienze estranee alla propria storia e alla propria cultura. È la fatale attrazione che su una certa "destra" continua ad esercitare l'Avversario, la Controparte. Detto questo, la gatta Pampalea parte con le sue domandine.

1) In che cosa esattamente si esplica la "socialità" di Casaggì? Tenendo conto del presupposto, e di una denominazione ben precisa, non riesco a vedere in "Casaggì" niente che possa definirsi una militanza rivolta "al basso", capillare, che ponga e sviluppi tematiche di autentica utilità sociale. A differenza dei centri sociali antagonisti, "Casaggì" è in realtà l'emanazione delle componenti più o meno giovanili di alcune formazioni politiche che così, evidentemente, hanno cercato di "far presa" tra i giovani di una città storicamente a loro piuttosto ostile. Ciò ha generato sia un'ambiguità di fondo, sia un impasse difficilmente superabile: il proclamato ribellismo, la non conformità eccetera eccetera si scontrano con l'appartenenza a forze politiche tutt'altro che "ribelli" o "non conformi". Nei centri sociali antagonisti, le forze politiche istituzionali, anche di "sinistra" o presunta tale, sono viste comunque come parte di un sistema da combattere; nel "centro sociale di destra", al momento buono si invita a votare per Berlusconi. Da molti questa è considerata come una purissima operazione di marketing. Peraltro non ben riuscita. Una socialità autentica non è imbrattare i muri di tutta la città col proprio "logo", con croci celtiche e con chilometri di manifesti. Questo è soltanto far felici i venditori di bombolette spray ed alcune tipografie. Il problema è che, al di fuori di questo, la popolazione di questa città altro non percepisce di "Casaggì".

2) Perché "Casa"? Il termine "Casa" è assai frequente tra le formazioni associative di certa destra: si pensi ad esempio a "Casapound". C'è un problema grosso, però: un centro sociale non è una "casa". Ne è l'esatta antitesi. Una casa rimanda a qualcosa di familiare, di interno, di rinchiuso; il centro "sociale", invece, per definizione dovrebbe essere collettivo, aperto, rivolto all'esterno. Scegliere la denominazione "casa" per un "centro sociale" è una contraddizione in termini. O si è "casa", o si è "centro sociale". Ora, si dà il caso che la sede di "Casaggì" sia proprio una casa in piena regola: un palazzotto in un'angusta via di un quartiere borghese, con qualche bandiera a penzoloni da una finestra. Per il resto, invece che "Casaggì" potrebbe essere tranquillamente (e, probabilmente, prima lo era) casa Pinzauti, casa Francalanci o casa Torselli. Si confronti tutto ciò con l'aspetto, con l'ubicazione e con la disposizione topografica di un CPA, di un Next Emerson, di un K100. In quella stradina dedicata al frate bruciato tutto è in ordine: neanche una scritta sul muro (quelle, casomai, le fanno su tutti gli altri muri della città; ivi comprese quelle, stupidissime e poi cancellate, sulla facciata del vicino consolato Cinese. Si immagini la considerazione che un'istituzione della Repubblica Popolare Cinese deve avere di due ragazzotti che nottetempo vanno a scrivere "Cina stupida" su un muro, pensando magari d'aver fatto chissà quale prodezza). Tutto tranquillo. Tutti, giustappunto, chiusi in casa. D'altronde, dove dovrebbero starsene all'esterno? La scelta di quella strada, per un sedicente "centro sociale", è assolutamente disgraziata. Non ci passa nessuno. Non c'è un posto dove stare fuori. Non c'è un parcheggio nemmeno a cercarlo per due ore. Se qualcuno volesse fare, in quella strada, un chiassoso ed allegro assembramento futurista, non-conforme, ribelle ecc., non ce ne sarebbe proprio il posto fisico a meno di non debordare sul viale Don Minzoni e provocare un ingorgo Ovonda-style. La scelta di quel posto, quindi, denota in realtà la natura assolutamente non sociale di quel luogo (una casa più o meno grande dove riunirsi, un luogo chiuso in una strada angusta, un quartiere inadatto). La denominazione di "centro sociale" è quindi, detto in parole povere, uno scimmiottamento goffo, irreale e menzognero di ben altre realtà. Fosse stato soltanto "Casa" (-ggì, Casa Codreanu, Casa Ciok, quello che si vuole) non ci sarebbe stato niente da dire; così è una presa per il culo agli altri e, forse, anche a se stessi e a chi si avvicina a quel luogo.

3) Come intende "Casaggì" giustificare le proprie continue ambiguità? Alcune sono state messe perfettamente in luce da articoli come questo o quest'altro? Qui non si parla di "ideologie" più o meno vaghe, si parla di gravissime e pesantissime contraddizioni. "Casaggì" passa con la massima indifferenza dall'eroico martirio di Saddam Hussein al filosionismo più pedestre. Dalla "Palestina una, libera e indipendente" ai gazebo con le bandiere israeliane. Dal "ribellismo" al sostegno incondizionato ed agli appelli di voto per John Cocks il Palloniere. Il bello è che il sito-blog di "Casaggì" si definisce "rivista web identitaria"; ma, in definitiva, dove sta la loro "identità"? Non si è, e non si può essere "centro sociale" trastullandosi tra finti "ribellismi" e l'obbedienza al sor padrone che paga l'affitto della Casa. Alla fin fine, questa cosa è un boomerang. La gente, ed anche chi magari simpatizzerebbe per te, si accorge che non sono altro che giochetti privi di costrutto e di sincerità; ed allora nascono i cloni a presa di culo. Cominci ad essere oggetto di barzellette, e non di considerazione politica anche da parte degli avversari. Cominci ad essere un buffo circolino di amiconi e ragazzotte che una volta all'anno, in febbraio, fanno una giratina nel quartiere fiaccole alla mano, stile Madonna di Lourdes. E, così facendo, non solo non sei affatto un "centro sociale", ma rischi anche di non essere più nemmeno una "casa". Diventi solo un blob di slogan, di muri impiastricciati e di contorsionismi che ti lasciano annodato.

Bene, in fondo le domande erano soltanto tre. Forse ce ne sarebbero molte altre, ma la cosa diventerebbe troppo lunga. Ai "Casaggini" raccomanderei però, da vecchia gatta in campana, una cosa molto semplice: quella di provare a fare un'estrema chiarezza in se stessi, ed a porsi in reale contrapposizione critica anche e soprattutto con la loro parte. Così si fa nei centri sociali, quelli veri. Non si può essere contro il sistema a parole, e poi esserci invece legati a doppio filo e dentro fino al collo. Ma, forse, a questo modo non avrebbero più chi paga loro il palazzotto. Non avrebbero più un posto dove stare, sarebbero senza Casa e toccherebbe loro occupare un capannone. Capannoneggì.

giovedì 13 maggio 2010

Se la fate infeltrire, vi graffio!!!!


Il mio amico Sussi, forse qualcuno lo saprà, è admin di un sitacchione che si occupa di marce militari, canzoni patriottiche & motivetti per la banda dei Carabinieri canzoni contro la guerra. Ai più sembra un sito assai serio, ma i suddetti più non hanno ovviamente accesso alla stanza dei bottoni, vale a dire a quel che c'è dietro: in particolare alle cosiddette Chiacchiere, lo spazio riservato dove il webmaster e gli amministratori, quotidianamente, si scambiano opinioni sulla conduzione del sito e, più che altro, cazzeggiano senza ritegno.

Una delle amministratrici, di cui tacerò il nome, qualche giorno fa ha inserito nelle Chiacchiere delle "CCG/AWS" la foto di questa meravigliosa compagna di pelo la quale, come il mio amico Niccolò Machiavelli (il gatto, non quello del "Principe"!), nutre una passione smodata per il cestello della lavatrice. Poiché l'amministratrice in questione mi ha spedito un suo saluto, non posso che ricambiarglielo con un meouw enorme, e anche pubblicando la foto della miciona incestellata!

Dovete sapere, però, che nelle Chiacchiere si sviluppano sovente amene discussioni. L'admin in questione, che è simpaticamente perfida, ha dichiarato (chiamandola gattigienica!!!!) di non sapere se lavarla a 40 o 60 gradi. Un'altra admin -così mi ha raccontato Sussi-, evidentemente mossa da uno spirito meno diaboliko, ha urlato inorridita: Miaoooo poverina, si infeltrisce tuttaaaaa! Da parte mia, declinando per una volta il mio nome completo di Pampalea Ailurobasilissa Melaina Oneiratide (Παμπαλαία Αἰλουροβασίλισσα Μέλαινα 'Ονειρατίς), dichiaro solennemente che, se la fate infeltrire, vi graffio. E parecchio forte. Eh!

lunedì 10 maggio 2010

Cordone sanitario


Forse, care amiche, cari amici di pelo & di pelle, vi starete chiedendo perché la vs. spett.le Gatta Pampalea abbia deciso di inserire una foto come quella che vedete sopra. O che è?!? Ma scusa, Pampa, 'sto blog non parla di cose che avvengono e che osservi in una certa città? E che c'entrano la Lega Nord, Bossi e la Padània?

Eh, effettivamente non si tratta di domande peregrine. Senonché, eh, dovete sapere che la sunnominata foto non è stata scatta affatto in Padània, bensì da queste parti. A Empoli, per la precisione, circa un annetto fa. Ritrae il segretario provinciale della "Lega Nord Toscana", tale Marco Cordone, mentre è assiso ad un banchetto a raccogliere, ebbene sì, nientepopodimeno che firme pro-crocifisso. In tale occasione, il Cordone ebbe a dichiarare di essere assai soddisfatto dei risultati: "Sono ampiamente soddisfatto delle 168 firme raccolta stamani al mercato di Empoli (città di 45.000 abitanti circa), in poco più di tre ore, per il mantenimento dei Crocifissi nelle aule scolastiche e negli uffici pubblici. Le persone che hanno firmato in difesa della croce, da noi interpellate sul tema, hanno espresso anche netta contrarietà alla realizzazione di nuove moschee o centri islamici sui nostri territori, e nella fattispecie nel territorio comunale di Empoli."

Ecco, una dichiarazione del genere dovrebbe, a mio pelosissimo parere, essere già sufficiente per una congrua presentazione di questo umano. Quando lo ha visto, il mio amico Sussi si è messo a scuotere la testa; curiosa di questo suo fare, gliene ho chiesto il motivo e si è deciso a raccontarmi una storia. Dovete sapere che il Cordone Marco pro-crocifisso ha avuto, tempo fa, una terribile disgrazia familiare sulla quale, naturalmente, non ironizzo. Suo padre, che era un tranquillo e mite impiegato pubblico in pensione, la triste mattina del 26 dicembre 1989 fu ucciso da un folle. Un pazzo che poi ammazzò ancora. E si dà il caso, mi dice sempre Sussi, che suo padre conoscesse bene quel povero cristo che non faceva niente di male e che era andato a portare fuori il cane in una stradina semideserta. Erano colleghi. Persino lo stesso Sussi se ne ricorda, essendo qualche volta venuto a casa sua; ed il bello gli è che a casa sua c'è stato persino il figlio, almeno una volta che se ne ricorda chiaramente.

Ancora senza ironia, dico che è possibile che questo episodio abbia avuto una sua parte nella successiva evoluzione del Cordone Marco. Il quale, ora, però, sembra che abbia fatto carriera. Con il piccolo boom della Lega Nord anche da queste parti, che tutto dovrebbero essere fuorché padane, si è ritrovato addirittura consigliere e "capogruppo provinciale". E qui, il comprensibile moto di solidarietà per la tragedia che lo ha colpito oltre vent'anni fa viene forzatamente a cessare.

Viene a cessare quando, pur avendo vissuto una cosa del genere, si risponde militando in un movimento razzista, xenofobo e organicamente nazista come la "Lega Nord", la quale propone di far vivere gratuitamente ad altre persone delle tragedie non dissimili da quella che lui stesso ha vissuto. Espulsioni, messe al bando, rifiuto di chiunque sia differente, tradizione e religiosismo finto e d'accatto per captare voti e votarelli. In una parola: disumanità allo stato puro, la quale fa leva su paure artificiali inculcate nella gente a forza di decenni di rincoglionimento e imbarbarimento mediatico.

Viene a cessare quando la propria "attività politica" è tesa esclusivamente a fomentare ulteriormente queste paure a fini di potere, aizzando la gente all'odio. Cosa che il Cordone Marco fa quotidianamente. Di queste ultime ore la notizia, ripresa ovviamente dai principali quotidiani cittadini, di una sua "iniziativa". "Via i Rom dalle case del Guarlone!"

Con tutto l'ovvio corollario a cui la "Lega Nord" ci ha abituati oramai. Prima di tutto lo slogan di presa: "Case popolari solo a chi risiede da 10 anni, perché prima vengono i toscani e poi tutti gli altri". Ora, sempre Sussi mi dice una cosina importante. Ricordandosi bene del padre del Cordone Marco, quel pover'uomo ammazzato da un pazzo, mi fa presente che costui era meridionale. Pugliese o calabrese, non si ricorda bene, ma comunque del Sud. Immaginiamoci se, quando salì in questa città, qualcuno gli avesse detto: "Prima i toscani!"; anche perché una mentalità del genere non è mai appartenuta a questa terra. Così come questa terra non è mai appartenuta, e non apparterrà mai, a entità inventate. Della Toscana, Marco Cordone non sa niente. È un corpo estraneo.

E' la consueta strategia della "Lega Nord". La spiega bene il neoeletto governatore della Toscana, Enrico Rossi: «Sapete come fa la Lega a conquistare un comune? Cominciano ad attaccare sulle case popolari date agli immigrati e piano piano erodono consenso tra la popolazione con la loro guerra fra poveri». Ed ecco qui un saggio perfetto di quel che è la "Lega Nord". Il tutto condito, ovviamente, con "crocifissi", "no alle moschee" e tutta la vomitevole paccottiglia del genere.

Naturalmente, questa "strategia" potrebbe essere contraddetta facilmente. Si potrebbe ad esempio ricordare che, in questa città, esistono migliaia di case sfitte, vuote, inutilizzate. Si potrebbe ricordare che una cristianissima istituzione come la Misericordia di Piazza del Duomo, nella quale i crocifissi sicuramente non mancano, è tra le principali proprietarie fondiarie, e che la maggior parte delle sue case sono vuote come lo stomaco di Pinocchio quando Geppetto gli dà da mangiare due torsoli di pera. Com'è che il Cordone Marco e la Lega non dirigono i loro strali contro la Misericordia, e contro altre pie e benemerite "istituzioni" che si tengono belle strette le loro proprietà salvo venderle al miglior offerente quando se ne presenta l'occasione? E la "carità cristiana"?

Bene, è inutile allora starci tanto a ragionare sopra. Del tutto ozioso continuare a pensare che questi qui non siano pericolosi. Criminale fare gli snobbini. Si sono già puppati tutto il Nord. Hanno creato un sistema di potere consolidato e del tutto fine a se stesso (perché, in realtà, le azioni concrete della Lega Nord sono pari a zero) facendo leva su un terreno ampiamente preparato dal loro amicone di Arcore. Sono il nuovo fascismo. E devono essere fermati, subito.

Le case ai Rom che ne hanno diritto devono essere date come a qualsiasi altro cittadino. Deve comandare il rifiuto totale che qualcuno possa avere più "diritti" di altri esseri umani in quanto toscano, lombardo, umbro, siciliano o qualsiasi altra cosa. Le strategie di paura e di odio di questi buffoni devono essere smascherate, sbugiardate, ridicolizzate, stoppate. Cordone? Sì, ma un cordone sanitario attorno a questi nuovi barbari. In questa città ed in questa regione esistono ancora le condizioni per farlo: e che sia fatto.

Non ha scelto un bel modo, il Cordone Marco, per rispondere a quel tragico fatto che lo colpì. Ha scelto il modo peggiore. Al gesto di un folle ha risposto con la follia assurta a tattica politica. Ed alla follia si risponde con l'intelligenza. Alla disumanità con l'umanità totale. E se lo dice una gatta!