Proprio l'altro giorno, assieme al mio caro amico di pelo Niccolò Machiavelli (detto, curiosamente, El Perro), stavamo guardando la televisione a casa del nostro amico Sussi (abbastanza peloso pure lui, seppure umano). Non che lo facciamo spesso, nessuno dei tre; ma, a volte, specie sull'ora di pranzo o di cena, succede. A un certo punto, eccoti un gigantesco reportage di un telegiornale sugli ottant'anni di tale Gualtiero Marchesi, di professione cuoco (però si dice scèff), trattato alla stregua di un immortale; e mentre quello lì è attorniato dai collaboratori del suo ristorantone di superlusso (travestito ovviamente da cascina di campagna) e pontifica incassando iperboli che non si sarebbero sognati nemmeno Alessandro Magno o Napoleone (cosa che, devo dire, mi capita abbastanza spesso di sentire anche a proposito di alcuni sarti oppure di certi buffi giovanotti che inseguono un pallone su un prato), scorrono sullo schermo enormi piatti semivuoti, riempiti solo al centro di minime quantità di riso ricoperto da una lamina d'oro (?!?!) oppure di pezzetti d'altra roba. Esteticamente molto belli, come no; ma io, Nicco e anche Sussi ci siamo guardati negli occhi, tutti e tre con la stessa domanda inespressa: "Ma icché si mangia?...."
Sussi ha quindi, assai opportunamente, spento la scatoletta dell'alienazione mentale, il faccione del gran cuoco esteta è stato inghiottito dall'oscuro assieme alle sue opere d'arte (che, probabilmente, devono costare appunto quanto la Gioconda di Leonardo, sempre che poi il loro gusto effettivo, al pari del prezzo, non provochi invece l'Urlo di Munch).
Al che, Sussi, con una vera e propria schwer gefasste Entschluss, ci ha guardati gravemente e ci ha detto: Gnamo gatti, si va a sgranare da Pinco Pallino! Ne sono susseguiti, da parte di noialtri felini, miagolii di approvazione e di letizia. Siamo stati caricati in macchina (ecché, non l'avete mai vista una Fiesta del 118 con due gatti a bordo?) ed ivi condotti, all'angolo fra due riposte stradine vicino al policlinico di Careggi. Da Pinco Pallino, appunto.
Pinco Pallino è l'antitesi di Gualtiero Marchesi e dei suoi striminziti risottini dorati. Pinco Pallino ti accoglie con cartellacci scritti col pennarello, che dicono che si mangia ogni cosa a otto euri. Non al piatto: otto euri tutto il pranzo, acqua pane e quartino di vino rosso inclusi. Pinco Pallino è la cucina di casa tua, e non intendo questa cosa nemmeno come "pubblicità": è come fare réclame alla mamma o alla zia. Peraltro, il padrone non ha l'aria né di una mamma, né di una zia: è un ragazzo letteralmente soffocato dai suoi lunghissimi capelli (ghghghghgh!), un casinista appassionato dei suoi spaghetti alla majalona, dei polpettoni, delle braciole ai ferri e dei funghi trifolati. A volte si infila la maschera di Berlusconi che tiene rigorosamente dietro al banco, maglietta nera stile calcio con sulla schiena "8€ - Pinco Pallino", e aggiunge ancor più bordello a quello che già normalmente c'è nel locale. Tavolacci, clientela costituita al 90% da operai e altri lavoratori pranzanti (e la quantità di pantaloni sporchi di vernice lo testimonia), un paio di graziose ragazzotte di banlieue che servono, la cucina aperta, il cesso nel cortile, vino e allegria, e, soprattutto, gran piattate di roba bòna a un prezzo che in centro non ci compreresti nemmeno uno di quei gustosissimi panini all'iguanodonte che spediscono i turisti al vicino pronto soccorso.
Andare in un posto del genere, dove anche noialtri gatti & gattacci siamo i benvenuti (sempre che, naturalmente, non veniamo poi serviti come coniglio...), è un piacere immane. Cittadini del mondo. Accenti locali, albanesi, maghrebini; ma senza nemmeno un filo di "etnico". È un posto per gente che lavora, e si mangia tutti la stessa roba. Tutti uguali. E, non vorrei essere ripetitiva, si mangia. Non si fanno gli assaggini. Non ci sono le "chicche". Chi vuole fumare fuori, si accomoda a sedere sullo scalino della soglia. Rumori di spiattìo, di sforchettìo, di sganascìo. E poi, qualche volta, vuoi mettere essere serviti dall'Unto di Arcore in persona, qui ritratto assai in topic accanto a una scatola di Orzo Pupo (a quando, mi chiedo, l'Orzo Emanuele Filiberto?)!
Insomma, come dire, tu esci -umano o gatto che tu sia- da Pinco Pallino e ci hai un bel po' di cose che ti fanno star bene. Prima di tutto sei sazio di roba cucinata bene, ché il mangiare bene si vede prima da come ti fanno du' spaghetti al pomodoro o una fetta di carne (e non dai ghirigori "artistici" messi in pentola). Poi non hai speso un cazzo di nulla. Sei stato bene tirando battute e risate con gente che, magari, lì dentro dimentica per tre quarti d'ora che deve tornare in cima a un ponteggio per mille euri al mese (se va bene). Succede poi che scoppia la primavera, ché a noialtri gatti il calduccio ci piace e non soffriamo di allergie né fisiche e né esistenziali, e allora quei tre quarti d'ora ti fanno andare avanti con mezzo milligrammo di contentezza in più; e la contentezza è merce rara in mezzo a questi tempi torvi. Rara e quasi rivoluzionaria.
Avrò esagerato? Boh! Il fatto gli è che il sor Pinco Pallino, che alle pareti del suo locale (in vari articoli di riviste e giornali) spiega tutta la sua filosofia alla portata de' pòeri, è andato nella giusta direzione. Tutto qui. Provate a andarci anche voi, verso mezzogiorno. E se poi 'un vi garba, i casi son due. O vi garba il risottino fogliadoro nella cascina, o siete bischeri. In entrambi i casi, pazienza: noialtri si starà più larghi.
Sussi ha quindi, assai opportunamente, spento la scatoletta dell'alienazione mentale, il faccione del gran cuoco esteta è stato inghiottito dall'oscuro assieme alle sue opere d'arte (che, probabilmente, devono costare appunto quanto la Gioconda di Leonardo, sempre che poi il loro gusto effettivo, al pari del prezzo, non provochi invece l'Urlo di Munch).
Al che, Sussi, con una vera e propria schwer gefasste Entschluss, ci ha guardati gravemente e ci ha detto: Gnamo gatti, si va a sgranare da Pinco Pallino! Ne sono susseguiti, da parte di noialtri felini, miagolii di approvazione e di letizia. Siamo stati caricati in macchina (ecché, non l'avete mai vista una Fiesta del 118 con due gatti a bordo?) ed ivi condotti, all'angolo fra due riposte stradine vicino al policlinico di Careggi. Da Pinco Pallino, appunto.
Pinco Pallino è l'antitesi di Gualtiero Marchesi e dei suoi striminziti risottini dorati. Pinco Pallino ti accoglie con cartellacci scritti col pennarello, che dicono che si mangia ogni cosa a otto euri. Non al piatto: otto euri tutto il pranzo, acqua pane e quartino di vino rosso inclusi. Pinco Pallino è la cucina di casa tua, e non intendo questa cosa nemmeno come "pubblicità": è come fare réclame alla mamma o alla zia. Peraltro, il padrone non ha l'aria né di una mamma, né di una zia: è un ragazzo letteralmente soffocato dai suoi lunghissimi capelli (ghghghghgh!), un casinista appassionato dei suoi spaghetti alla majalona, dei polpettoni, delle braciole ai ferri e dei funghi trifolati. A volte si infila la maschera di Berlusconi che tiene rigorosamente dietro al banco, maglietta nera stile calcio con sulla schiena "8€ - Pinco Pallino", e aggiunge ancor più bordello a quello che già normalmente c'è nel locale. Tavolacci, clientela costituita al 90% da operai e altri lavoratori pranzanti (e la quantità di pantaloni sporchi di vernice lo testimonia), un paio di graziose ragazzotte di banlieue che servono, la cucina aperta, il cesso nel cortile, vino e allegria, e, soprattutto, gran piattate di roba bòna a un prezzo che in centro non ci compreresti nemmeno uno di quei gustosissimi panini all'iguanodonte che spediscono i turisti al vicino pronto soccorso.
Andare in un posto del genere, dove anche noialtri gatti & gattacci siamo i benvenuti (sempre che, naturalmente, non veniamo poi serviti come coniglio...), è un piacere immane. Cittadini del mondo. Accenti locali, albanesi, maghrebini; ma senza nemmeno un filo di "etnico". È un posto per gente che lavora, e si mangia tutti la stessa roba. Tutti uguali. E, non vorrei essere ripetitiva, si mangia. Non si fanno gli assaggini. Non ci sono le "chicche". Chi vuole fumare fuori, si accomoda a sedere sullo scalino della soglia. Rumori di spiattìo, di sforchettìo, di sganascìo. E poi, qualche volta, vuoi mettere essere serviti dall'Unto di Arcore in persona, qui ritratto assai in topic accanto a una scatola di Orzo Pupo (a quando, mi chiedo, l'Orzo Emanuele Filiberto?)!
Insomma, come dire, tu esci -umano o gatto che tu sia- da Pinco Pallino e ci hai un bel po' di cose che ti fanno star bene. Prima di tutto sei sazio di roba cucinata bene, ché il mangiare bene si vede prima da come ti fanno du' spaghetti al pomodoro o una fetta di carne (e non dai ghirigori "artistici" messi in pentola). Poi non hai speso un cazzo di nulla. Sei stato bene tirando battute e risate con gente che, magari, lì dentro dimentica per tre quarti d'ora che deve tornare in cima a un ponteggio per mille euri al mese (se va bene). Succede poi che scoppia la primavera, ché a noialtri gatti il calduccio ci piace e non soffriamo di allergie né fisiche e né esistenziali, e allora quei tre quarti d'ora ti fanno andare avanti con mezzo milligrammo di contentezza in più; e la contentezza è merce rara in mezzo a questi tempi torvi. Rara e quasi rivoluzionaria.
Avrò esagerato? Boh! Il fatto gli è che il sor Pinco Pallino, che alle pareti del suo locale (in vari articoli di riviste e giornali) spiega tutta la sua filosofia alla portata de' pòeri, è andato nella giusta direzione. Tutto qui. Provate a andarci anche voi, verso mezzogiorno. E se poi 'un vi garba, i casi son due. O vi garba il risottino fogliadoro nella cascina, o siete bischeri. In entrambi i casi, pazienza: noialtri si starà più larghi.