Io, lo sapete, scrivo poco. Sono una gatta, e sono pigra; e le poche volte che scrivo non tengo neanche troppo fede alla dichiarazione d'intenti del blog. A giro per la città, ultimamente, non ci vo neanche tanto; a meno che non si consideri come città tutto ciò che ci sta intorno, dal cortile qua fuori fino al ristorante al termine dell'universo. E così deve aver fatto un ragazzo di nome Enzo Baldoni, che pochi giorni fa ho visto ricordato sul blog di un gatto livornese.
Quel gatto, appunto, si domandava come mai il 26 agosto scorso, praticamente nessuno avesse speso una parola su un anniversario. Sì, sarò pigra, senz'altro; conosco e pratico la nobilissima arte di non aver voglia di fare un cazzo. Però, su quella domanda di Croccantino Molotov ci ho riflettuto parecchio per i miei standard; e ho tentato di darmi persino una risposta. Anche perché, ben nascosta ovviamente, un tempo facevo parte di una strana mailing list dove, sia pure in tempi diversi, furono avvistati sia il figlio di Enzo Baldoni, sia Dino Frisullo. Pensate un po'. Roba, credo, del millennio scorso.
La risposta è, in fondo, piuttosto semplice. Il ricordo di Enzo Baldoni lo compiamo e lo dobbiamo compiere ogni giorno, o ogni volta che possiamo. Lo compiamo scrivendo e continuando a farlo senza timori e senza remunerazione. Lo compiamo esponendoci. Lo compiamo andando a ficcare il naso dovunque ci va di ficcarlo. Lo compiamo uscendo di casa proprio come Enzo, che andò a Bagdad; ché abbiamo in testa tutte le nostre Bagdad quotidiane, e andiamo a cercare, e quasi sempre le troviamo anche dietro all'angolo. Schifezze, bellezze, ingiustizie, vita, morte. E ne parliamo, esattamente come Enzo. E siamo curiose e curiosi, e non ci smontano facilmente nemmeno tagliandoci la testa. Enzobaldoniamo senza interruzione e senza rettifiche entro 48 ore. Chiediamo conto al presente, come Enzo; perché il presente è questo e ad esso dobbiamo rapportarci. Che ci piaccia o meno. Non ci piace, e allora c'è solo da operare una scelta -peraltro legittima. O dichiariamo di non avere più un futuro, oppure il futuro lo si cambia operando nel presente. Ognuno con le proprie diversità, anche estreme. Ognuno con le proprie capacità. Ognuno senza avere paura.
Avesse avuto paura, Enzo Baldoni, se ne sarebbe stato a tradurre i fumetti di Doonesbury, come faceva egregiamente. Avessimo paura, ce ne staremmo buoni buoni a curare album di fotografie, francobolli, maioliche o bottigliette di birra. E non è detto che non la taglino prima o poi anche a noi, la capoccia. Qualsiasi cosa facciamo, diciamo, scriviamo, dobbiamo sforzarci di essere pericolosi. Ogni parola sa essere un macigno. Ogni macigno, prima o poi, sa dove cadere. Dobbiamo raccontare e descrivere. Dobbiamo prendere posizione. Se ci va di andare a Bagdad, andiamo a Bagdad; se ci va di andare a Collesalvetti, andiamo a Collesalvetti. E non ce ne deve scappare mezza. Siamo noi, adesso, che stiamo reggendo la baracca; e non sono affatto esagerata, bensì del tutto consapevole, tranquilla, razionale. Enzo Baldoni è stato, dopo la sua morte, fatto oggetto di un autentico luridume; ma questo non deve provocarci soltanto sterile indignazione. L'indignazione, di un momento o di anni, non serve a niente. Ce lo ha insegnato, tra gli altri, Enzo Baldoni; il quale era un blogger già quando molti di noi ancora credevano che un blog fosse un parente prossimo di Blob.
Quindi, quando arriva il ventisei agosto, scriviamo quel che ci va di scrivere, indagare, investigare, denunciare, mettere in ridicolo il ventisei agosto. Così facendo, e per sempre, ricorderemo al meglio Enzo Baldoni: facendo quel che faceva lui. Facendo come fa, per dirne solo una, Miss Kappa, dalla sua Bagdad del centro Italia. La quale, a ridosso del 26 agosto, parlava di democrazia, di riprendersi la città, di carriole, di partecipazione in una città distrutta. Enzobaldonava a pieno regime, e Enzo Baldoni lo sapeva benissimo.
Perché è possibile che sia trasmigrato in qualche fumetto al di là del nulla; e se al termine dell'universo, come si sa, c'è un ristorante, magari ancora più in là c'è una trattoria umbra dove fanno gli strengozzi, e lui è lì rigorosamente in incognito. Come noi. Siamo tutti degli incogniti. Io, poi. Non mi vedrete mai fra i top blog, io i top li vado casomai a cacciare sempre che ne abbia voglia. Però i miei dieci centesimi ce li metto. Però lo ricordo anch'io, Enzo, saltando dalla ringhiera alla luna e spaventando con un soffio i mostri della morte.
Quel gatto, appunto, si domandava come mai il 26 agosto scorso, praticamente nessuno avesse speso una parola su un anniversario. Sì, sarò pigra, senz'altro; conosco e pratico la nobilissima arte di non aver voglia di fare un cazzo. Però, su quella domanda di Croccantino Molotov ci ho riflettuto parecchio per i miei standard; e ho tentato di darmi persino una risposta. Anche perché, ben nascosta ovviamente, un tempo facevo parte di una strana mailing list dove, sia pure in tempi diversi, furono avvistati sia il figlio di Enzo Baldoni, sia Dino Frisullo. Pensate un po'. Roba, credo, del millennio scorso.
La risposta è, in fondo, piuttosto semplice. Il ricordo di Enzo Baldoni lo compiamo e lo dobbiamo compiere ogni giorno, o ogni volta che possiamo. Lo compiamo scrivendo e continuando a farlo senza timori e senza remunerazione. Lo compiamo esponendoci. Lo compiamo andando a ficcare il naso dovunque ci va di ficcarlo. Lo compiamo uscendo di casa proprio come Enzo, che andò a Bagdad; ché abbiamo in testa tutte le nostre Bagdad quotidiane, e andiamo a cercare, e quasi sempre le troviamo anche dietro all'angolo. Schifezze, bellezze, ingiustizie, vita, morte. E ne parliamo, esattamente come Enzo. E siamo curiose e curiosi, e non ci smontano facilmente nemmeno tagliandoci la testa. Enzobaldoniamo senza interruzione e senza rettifiche entro 48 ore. Chiediamo conto al presente, come Enzo; perché il presente è questo e ad esso dobbiamo rapportarci. Che ci piaccia o meno. Non ci piace, e allora c'è solo da operare una scelta -peraltro legittima. O dichiariamo di non avere più un futuro, oppure il futuro lo si cambia operando nel presente. Ognuno con le proprie diversità, anche estreme. Ognuno con le proprie capacità. Ognuno senza avere paura.
Avesse avuto paura, Enzo Baldoni, se ne sarebbe stato a tradurre i fumetti di Doonesbury, come faceva egregiamente. Avessimo paura, ce ne staremmo buoni buoni a curare album di fotografie, francobolli, maioliche o bottigliette di birra. E non è detto che non la taglino prima o poi anche a noi, la capoccia. Qualsiasi cosa facciamo, diciamo, scriviamo, dobbiamo sforzarci di essere pericolosi. Ogni parola sa essere un macigno. Ogni macigno, prima o poi, sa dove cadere. Dobbiamo raccontare e descrivere. Dobbiamo prendere posizione. Se ci va di andare a Bagdad, andiamo a Bagdad; se ci va di andare a Collesalvetti, andiamo a Collesalvetti. E non ce ne deve scappare mezza. Siamo noi, adesso, che stiamo reggendo la baracca; e non sono affatto esagerata, bensì del tutto consapevole, tranquilla, razionale. Enzo Baldoni è stato, dopo la sua morte, fatto oggetto di un autentico luridume; ma questo non deve provocarci soltanto sterile indignazione. L'indignazione, di un momento o di anni, non serve a niente. Ce lo ha insegnato, tra gli altri, Enzo Baldoni; il quale era un blogger già quando molti di noi ancora credevano che un blog fosse un parente prossimo di Blob.
Quindi, quando arriva il ventisei agosto, scriviamo quel che ci va di scrivere, indagare, investigare, denunciare, mettere in ridicolo il ventisei agosto. Così facendo, e per sempre, ricorderemo al meglio Enzo Baldoni: facendo quel che faceva lui. Facendo come fa, per dirne solo una, Miss Kappa, dalla sua Bagdad del centro Italia. La quale, a ridosso del 26 agosto, parlava di democrazia, di riprendersi la città, di carriole, di partecipazione in una città distrutta. Enzobaldonava a pieno regime, e Enzo Baldoni lo sapeva benissimo.
Perché è possibile che sia trasmigrato in qualche fumetto al di là del nulla; e se al termine dell'universo, come si sa, c'è un ristorante, magari ancora più in là c'è una trattoria umbra dove fanno gli strengozzi, e lui è lì rigorosamente in incognito. Come noi. Siamo tutti degli incogniti. Io, poi. Non mi vedrete mai fra i top blog, io i top li vado casomai a cacciare sempre che ne abbia voglia. Però i miei dieci centesimi ce li metto. Però lo ricordo anch'io, Enzo, saltando dalla ringhiera alla luna e spaventando con un soffio i mostri della morte.