venerdì 20 giugno 2014

Mondialinasëga


Può darsi che la vostra (parecchio nera) amica Pampalea non si faccia notare, ultimamente, per la sua grande attività blogghistica; ma che ci volete fare. Noialtri gatti neri siamo fatti così, e ancor di più se gatte; ma, ogni tanto, qualcosa si può e si deve dire; e anche in questo noialtri gatti, neri, bigi, rossi o d'altri colori, siamo fatti così.

La fotografia sopra è stata scattata dall'amico Biribissi (quello più basso di Sussi) la sera del 14 giugno scorso in un campetto della periferia di questa città; una periferia un po' strana, a dire il vero. Un tempo si chiamava San Donnino, ove "Donnino", cioè il latino volgare Domininus, altro non era che il Bambin Gesù, il "Piccolo Signore". Ora la chiamano San Pechino, da quando vi si è installata una parte della più grossa comunità cinese d'Italia; un viluppo di laboratori tessili, di ideogrammi, di icchececé, di residui di toscomunismo, di corna alle mogli, di vecchie automobili con gli occhi a mandorla, di donne trentacinquenni che ne dimostrano sedici, di razzismi, di bizzarre solidarietà.

Sul campetto di quel posto là, proprio la stessa sera in cui, nel lontano Brasile, esordiva la nazionale di pallone dell'Enotria impegnata contro la perfida Albione, un nutrito gruppo di ragazze e ragazzi, di quella gente che non vi garberebbe tanto frequentare in certi posti sotto sgombero, sotto taglio della luce, sotto Daspo, sotto processo e sotto ogni cosa, si riuniva per un torneino di una cosa che sì, teoricamente ha le stesse modalità di giuoco e le stesse regole del pallone dei Mondialinasëga e de' cristiani ronaldi, de' balöthelli, de' nèimar e de' miùller, ma che, credete alla vostra gatta nera di fiducia, è qualcosa di parecchio diverso.

Era un torneino fatto per ricordare un ragazzo come loro, un ragazzo dei loro, l'amico del mio amico Malborgatto (che saluto, qui, con un bel soffio). Un ragazzo che non c'è più da un maledetto sette di dicembre, ma che continua a vivere in mille e strani modi; non ultimo, no, un torneino di pallone a San Donnino, la sera dell'esordio di non si sa che cosa debba esordire. Gli stessi ragazzi che, finito quello strano torneo dove non ci sono campioni e dove tutti vincono, persino chi non gioca, si sono messi a ballare, a saltare, a pogare per la Malasuerte. Che bel nome; sembra tutta la nostra vita.

E così è. Ora si guardino pure i Mondialinasëga, brava gente. Si sgozzino tranquillamente moglie e figli prima d'andare a guardare gli eroi con le maglie azzurre, rosse, gialle, bianche e a pallini. Si facciano complicati calcoli sul passaggio del turno mentre, da qualche parte che vi è perlopiù ignota, le pallonate si lanciano a stelle vestite di magliettacce e di pantaloncini bisunti, le stesse stelle che brillano in notti di periferia.