Qualche tempo fa, il mio amico Sussi, sul suo blog Asociale, si augurava che Prào chiudesse. Augurio in massima parte soddisfatto, dato che Prào, dopo aver chiuso scientificamente qualsiasi cosa che rassomigliasse ad un minimo di raziocinio e dopo aver lasciato campo libero a tutte le sue cose peggiori (del resto già ampiamente latenti), nel giugno del 2009 ha pensato bene di consegnarsi nelle mani di una gang di seguaci di un noto puttaniere e di razzisti da quattro soldi in camicia verde; il tutto, naturalmente, con il miraggio del cambiamento e di voltare pagina. Il solito mischmasch di degrado, sihurezza, icinesieciannorovinàho, imprenditorialità, oraesiripàrte, praoapraèsi, insegneinitagliàno eccetera.
I risultati li abbiamo sotto mano e sotto gli occhi. Il fumo negli occhi di qualche inutile retàha (ovviamente strombazzatissima dalla Nazione), du' o tre insegne in cinese ricoperte, una città dove scorrazzano liberi fascisti e fascistelli, il solito puttanaio, il degrado sì ma della coscienza civile, la carogneria assurta a modus operandi e un tessuto economico sempre più obsoleto, superato, destinato al fallimento per inconsistenza, miopia e grama boria. Tempo fa, il ministro Maroni parlava del modello Prato; e se questo è il modello, s'ha a andà di nulla. Per sottolineare tutto questo bisognava solo avere la pazienza d'aspettare un po' la ciliegina; la quale s'è venuta a ciliegiare ben bene in questi giorni.
Dopo 63 anni di dominio della sinistra (e che fulgida e immensa sinistra, va detto!), Prào s'era finalmente data i' sindaho 'mprenditore. Oh, pòle forse Prào esse' 'nferiore al paese che la circonda? E che imprenditore: nientepopodimeno che il presidente degli industriali praèsi, nonchè padrone (ma ora non si dice più "padrone": si dice azionista di riferimento) della Sasch, azienda lìde' n'i' campo del nulla, stracci da due soldi però col marchio prestigioso, la sponsorizzazione di Missitàglia, il Saschall, e sàsce di qui e sàsce di là. Il successo meid in Prào (però, sulle pubblicità, c'era sempre scritto "Sasch - Firenze"; sarà mica che il nome di Prato non è considerato tanto attraente nemmeno da un pratese?). Ecco, in questi giorni la Sasch del sindaco Cenni sta miseramente fallendo. 395 posti di lavoro a rischio, e a rischio non per i cinesi, ma per una crisi terrificante che gli amichetti e amiconi di Cenni e dei boyscout della sua giunta non hanno saputo minimamente affrontare, preferendo ingannare, coprirla e attribuirla a dei capri espiatori fomentando razzismo, intolleranza e carogneria (come si è visto bene nel caso delle tre donne cinesi annegate nel sottopasso.)
Cessazione dell'attività. Liquidazione dell'azienda. E non sono cose che accadono da un momento all'altro. Viene quasi da pensare che l'imprenditore di successo si sia voluto mettere al sicuro trovandosi un bel posticino pubblico da sindaco, dove rifugiarsi quando le acque si sarebbero fatte agitate. Un imbroglio in piena regola, consumato con le consuete armi dell'ignoranza, della propaganda, dei media servili; e così Prào continua inesorabilmente a chiudere. Senza finti "cortei", senza geremiadi televisive, senza bandieroni chilometrici e, probabilmente, anche nella crassa indifferenza dei pratesi; tanto 'e un tocca miha a méne. La Nazione che seguita a strombazzare, le aziende che continuano a chiudere come pere marce che cascano a terra, un rapporto con la comunità cinese che oramai è al limite del conflitto e nessun futuro. E, in questo, Prato è sicuramente un modello, o un paradigma. È il modello dell'insipienza, della superbia e del pressappochismo che attanaglia tutta l'Italia. E intanto guardiamoci, sì, questi bei Cenni di ripresa. Di ripresa sì: nel culo.
I risultati li abbiamo sotto mano e sotto gli occhi. Il fumo negli occhi di qualche inutile retàha (ovviamente strombazzatissima dalla Nazione), du' o tre insegne in cinese ricoperte, una città dove scorrazzano liberi fascisti e fascistelli, il solito puttanaio, il degrado sì ma della coscienza civile, la carogneria assurta a modus operandi e un tessuto economico sempre più obsoleto, superato, destinato al fallimento per inconsistenza, miopia e grama boria. Tempo fa, il ministro Maroni parlava del modello Prato; e se questo è il modello, s'ha a andà di nulla. Per sottolineare tutto questo bisognava solo avere la pazienza d'aspettare un po' la ciliegina; la quale s'è venuta a ciliegiare ben bene in questi giorni.
Dopo 63 anni di dominio della sinistra (e che fulgida e immensa sinistra, va detto!), Prào s'era finalmente data i' sindaho 'mprenditore. Oh, pòle forse Prào esse' 'nferiore al paese che la circonda? E che imprenditore: nientepopodimeno che il presidente degli industriali praèsi, nonchè padrone (ma ora non si dice più "padrone": si dice azionista di riferimento) della Sasch, azienda lìde' n'i' campo del nulla, stracci da due soldi però col marchio prestigioso, la sponsorizzazione di Missitàglia, il Saschall, e sàsce di qui e sàsce di là. Il successo meid in Prào (però, sulle pubblicità, c'era sempre scritto "Sasch - Firenze"; sarà mica che il nome di Prato non è considerato tanto attraente nemmeno da un pratese?). Ecco, in questi giorni la Sasch del sindaco Cenni sta miseramente fallendo. 395 posti di lavoro a rischio, e a rischio non per i cinesi, ma per una crisi terrificante che gli amichetti e amiconi di Cenni e dei boyscout della sua giunta non hanno saputo minimamente affrontare, preferendo ingannare, coprirla e attribuirla a dei capri espiatori fomentando razzismo, intolleranza e carogneria (come si è visto bene nel caso delle tre donne cinesi annegate nel sottopasso.)
Cessazione dell'attività. Liquidazione dell'azienda. E non sono cose che accadono da un momento all'altro. Viene quasi da pensare che l'imprenditore di successo si sia voluto mettere al sicuro trovandosi un bel posticino pubblico da sindaco, dove rifugiarsi quando le acque si sarebbero fatte agitate. Un imbroglio in piena regola, consumato con le consuete armi dell'ignoranza, della propaganda, dei media servili; e così Prào continua inesorabilmente a chiudere. Senza finti "cortei", senza geremiadi televisive, senza bandieroni chilometrici e, probabilmente, anche nella crassa indifferenza dei pratesi; tanto 'e un tocca miha a méne. La Nazione che seguita a strombazzare, le aziende che continuano a chiudere come pere marce che cascano a terra, un rapporto con la comunità cinese che oramai è al limite del conflitto e nessun futuro. E, in questo, Prato è sicuramente un modello, o un paradigma. È il modello dell'insipienza, della superbia e del pressappochismo che attanaglia tutta l'Italia. E intanto guardiamoci, sì, questi bei Cenni di ripresa. Di ripresa sì: nel culo.