domenica 16 marzo 2014

JRW



Il 16 marzo del 1978, a Lubriano in provincia di Viterbo, si dipartiva dalla vita, ché altre non ce ne sono, Juan Rodolfo Wilcock.

Quella che vedete assieme a lui nella fotografia, non sono io. Io non mi ricordo nemmeno dov'ero, il sedici marzo del millenovecentosettantotto.

Sembra che, non molto lontano da Lubriano, stesse proprio in quel giorno accadendo qualcosa di spiacevole a un famoso statista di cui, smemorata come sono, non mi rammento precisamente il nome; mi pare fosse Doro. No, Boro. Caldo Boro, ecco.

Ne parlarono tutti i giornali del mondo e fecero pure le edizioni straordinarie. Però, a pensarci anche a tanti e tanti anni di distanza, di statisti è pieno il mondo. Di Juan Rodolfo Wilcock, invece, ce n'è stato uno solo.

E poiché, in quel giorno, della sua morte non importò niente a nessuno, mi pregio, da antica gatta nera quale sono, di non importarmene un fico secco dello statista. Che, ora che ci penso, forse si chiamava Baldo Poro. O Valdo Zoro. Chissà!

Me ne importa parecchio, invece, di quell'argentino mezzo inglese che, a un certo punto, si mise a scrivere in italiano. Gli statisti non lasciano nessun vuoto. Juan Rodolfo Wilcock, sì.