giovedì 30 settembre 2010

Cento luoghi, il centounesimo e un paio di bischeri


La foto che vedete sopra, care amiche ed amici di pelo e non, ritrae alcune cittadine ed alcuni cittadini di questa città, che nei giorni scorsi, per iniziativa del Syndaco, si sono riuniti in cento luoghi per formulare proposte atte a "migliorare la qualità della vita", "restituire bellezza alla città", "combattere i' degrado" eccetera eccetera. Iniziativa senz'altro lodevole, promossa da un syndaco che deve essere un amante del numero 100: i Cento punti del suo programma, i Cento luoghi, è stato beccato a cento all'ora da un autovelox...

I cittadini della foto sono giustappunto ritratti in uno di quei "cento luoghi", vale a dire il Parco dell'Anconella. Il Parco dell'Anconella è in riva al fiume, nel Quartiere 3, ed è stato catalogato come Luogo 6; le proposte formulate si possono vedere in questo documento .pdf. Insomma, anche le cittadine e i cittadini del Luogo 6 vogliono cambiare la città (come recita lo slogan dell'iniziativa) entro il 2014. Sarebbe quindi davvero un bel casino se il 21 dicembre 2012 intervenisse la fine del mondo predetta dai Maya, e cotanto esercizio di democrazia diretta e di partecypazione andasse sprecato. Sperando ovviamente che i Maya abbiano toppato alla grande, è bene però dare un'occhiata alle proposte; a tale riguardo, le voglio proprio riprodurre direttamente dal documento ufficiale del Luogo 6:



Ordunque, andiamo per ordine. A tale riguardo, la vs. spett.le gatta Pampalea si è costituita ufficialmente in centounesimo luogo. Al Syndaco forse non piacerà la sovversione del suo numero preferito, ma noialtre gattacce nere ci godiamo un sacco nello scompigliare i numeri perfetti.

La trentina scarsa di cittadine e cittadini del Luogo 6 desiderano piste ciclabili stabilizzate e integrate. Questa delle piste ciclabili la trovo sempre più bella, in una città dove ne esistono a decine di chilometri regolarmente inutilizzate dalla maggior parte dei ciclisti (anche perché spesso tenute in pessime condizioni) che preferiscono senz'altro servirsi delle strade (con loro rischio personale, a volte intasando o rallentando la circolazione veicolare, procedendo tranquillamente contromano del tutto impuniti...) e spessissimo anche dei marciapiedi. In compenso, le piste ciclabili dovrebbero essere meglio definite motorinabili o scuterabili, visto che gli unici mezzi a due ruote che le percorrono regolarmente per svicolare dal traffico sono appunto motorini, scuterini, scuteroni eccetera. Invece di desiderare nuove piste ciclabili, sarebbe forse prima opportuno che i ciclisti si servissero obbligatoriamente di quelle già esistenti, laddove presenti. W la bicicletta, ma non è che poi poi i ciclisti di queste parti siano un modello di educazione stradale e di civiltà integerrima.

Vada pure per la passerella ciclopedonale, tipo quella già presente all'Isolotto dove abito; naturalmente, anch'essa è percorsa quotidianamente da orde di motorini, i quali dovrebbero passare condotti a mano ma che invece sfrecciano tranquillamente in mezzo ai pedoni; ed è un destino comune a tutte le passerelle. Temo che anche quella auspicata dai cittadini del Luogo 6 farebbe la stessa fine, e non è escluso che quale partecipante alla riunione non abbia pensato qualcosa come: "Slurp, invece di farmi il ponte da Verrazzano passo direttamente col motorino dall'Anconella".

E vada anche per la migliore illuminazione, ed anche per il verde più pulito con fioriere e cestini. Anche se c'è da dire che il verde viene di solito sporcato proprio dagli stessi cittadini e dalle stesse cittadine che giocano talora a fare i "civili" alle riunioncine una volta all'anno, e per i restanti 364 giorni sporcano, pisciano, pestano le aiuole, spengono cicche nelle fioriere, utilizzano i cestini come uno sgradito optional, eccetera, eccetera, eccetera. Le fioriere cominciano a somigliare a letamai in media dopo 14 ore dalla loro installazione in un luogo pubblico, e non se ne salva una.

Evviva i campi di pallone gratuiti e aperti a tutti, evviva la riproduzione della Cupola del Brunelleschi fatta rivivere (si vede che qualcuno l'aveva fatta morire, evidentemente), ed evviva pure la siepe in via Erbosa potata regolarmente. Certo che se non potano una siepe in una via che si chiama "Erbosa", s'ha a andà benino. Una volta potata grazie alla riunione del Luogo 6, la relativa via cambierà nome in via Tagliaerbosa.

Passiamo infine alle due proposte-pezzi da 90.

La prima è quella di un'area balneabile in riva all'Arno. Balneché..?!? Ma questa qui che è, una riunione di civili cittadini o di spietati assassini?... Vogliono far balneare in Arno?... E come lo chiamiamo il nuovo lido dell'Anconella, Pantegan's Beach, Marina dei Ratti, Bacterium Coli Resort o Costa del Trimetilsolfuro di Arsenico?...

Nella foto: Coppia di bagnanti della nuova Area Balneabile "Leonarda Cianciulli" dell'Anconella.


Infine, eh, eccoci. Poteva mancare?

Ho lasciato per ultima una propostina che lì per lì sembrerebbe non significare granché. Qualcuno chiede infatti di "restituire l'area della ex scuola Facibeni alla cittadinanza". Ma guarda un po' te. Lo sapete che cosa c'è nell'area della ex scuola Facibeni? No? Allora ve lo fo vedere io:


Ecco qua. Nell'area della don Facibeni c'è il CPA Firenze Sud.

Ora, non vorrei dire, ma questa propostina del Luogo 6 mi puzza un pochino, ed ha un puzzo ben preciso. Quello di un paio di bischeri (forse i soliti) che non perdono nemmeno un'occasioncina piccina picciò per evitare di tacere. Ci tentano in tutti i modi possibili e immaginabili, organizzano raccolte di firme firmandosele in famiglia o fra amiconi, fanno interpellanze su interpellanze, si servono di quotidiani dal radioso avvenire, mettono l'area in vendita (con aste che vanno regolarmente deserte), e ora persino dei Cento Luoghi. Evitando peraltro di nominare il CPA direttamente: vogliono l'area della ex scuola Facibeni restituita alla cittadinanza, quasi il CPA non esistesse.

Esiste eccome, invece. Anzi, colgo l'occasione per qualche necessaria precisazione, visto che una trentina di persone scarse non rappresentano né la cittadinanza, né il quartiere e né un cavolo di nulla; tenendo sempre presente che persino all'interno di questo gruppetto la proposta in questione sarà stata formulata al massimo da due tizi due.

La cittadinanza, quella vera e quella che si calcola in centinaia di persone, il CPA lo conosce bene e, soprattutto, ne usufruisce come unico e vero spazio nel quartiere, e forse persino nell'intera città, dove invece di fare banali e strombazzatissime riunioncine si fanno iniziative concrete, reali, partecipatissime.


La foto che si vede sopra è stata scattata durante la Tre Giorni di Musica Popolare che si svolge ogni anno al CPA, a fine maggio. Non so se si nota la piccola differenza di partecipazione rispetto al "Luogo 6", e senza che l'iniziativa sia mai pubblicizzata se non attraverso i risicati canali di controinformazione. Questo vuol dire che la cittadinanza (dato che il CPA conta al massimo di una sessantina di militanti attivi) sa dove andare. E non soltanto per la "Tre Giorni", ma anche per le decine di altre iniziative che il CPA organizza sotto la costante minaccia di sgombero.

Non c'è proprio nessun bisogno di restituire alla cittadinanza l'area della ex scuola Facibeni, perché la cittadinanza, o popolo che dir si voglia, quell'area ce l'ha già, e da anni e anni. Ce l'ha nel senso vero del termine, perché è un'area libera. Tenuta in piedi senza nessuna sovvenzione, e con la fatica e il sudore di chi vi opera. Senza costare un centesimo a nessuno. Senza fioriere trasformate dopo poco in immondezzai, ma con i fiori dell'attivismo, della socialità, della partecipazione vera ai problemi e alle esigenze del quartiere e della città. Infatti, proprio per questo qualcuno la vorrebbe chiusa. Ci vorrebbe fare il solito parchetto per i bambini, ma di bambini ne vengono (e fatti giocare e divertire come vogliono) assai di più al CPA che in altri luoghi più o meno "deputati". Ma è inutile dirlo, perché la gente lo sa benissimo. Infatti il CPA è sempre là e hanno voglia a fare firmine e riunioncine del "Luogo 6".

Chissà peraltro se in qualche altro Luogo numerato qualcuno avrà avanzato un'analoga proposta per l'assai più grande area di San Salvi, che è -come ben si sa- caduta nel mirino di ogni tipo di speculatori edilizi. Ne vogliamo parlare di restituire alla cittadinanza anche l'area di Castello, invece di cianciare di Cittadelle e stadi di pallone, e di stuprarla con una Scuola di Sbirri che sta rappresentando il principale malaffare di questa città? E il "Quadrilatero verde" dell'Isolotto, lo vogliamo restituire alla cittadinanza invece di abbattere tutti i suoi alberi e farne un parcheggio?

Ecco, queste sono le proposte del Luogo 101. Il quale, sicuramente, è un non-luogo. E, proprio per questo, ben più reale di quelli dove un paio di bischeri vuol far corrodere la gente in Arno e parlare in nome della cittadinanza quando magari non sa nemmeno chi abita alla porta accanto sul pianerottolo. E i cittadini, invece di prestarsi agli spot del Syndaco del bello, vadano piuttosto a informarsi sul lager che si sta per costruire qua vicino, con il beneplacito del medesimo syndaco, del presidente della Regione e delle istituzioni tutte. A proposito: i cittadini che si oppongono a questa cosa sono tanti, ma tanti. E vengono al CPA. Altro che "Luogo 6". Altro che fioriere e cestini. Altro che far finta di cambiare la città, qui si agisce per cambiare un sistema.


martedì 28 settembre 2010

Gallettino e Giocolina


Nella ridente cittadina di Gigliuola c'era una volta una piccola e linda scuola elementare Comunale dove il direttore aveva avuto l'idea di formare un Consiglio degli Alunni sottoposto a regolari e pubbliche elezioni. Le bambine e i bambini avevano accolto la novità con entusiasmo; si erano formati i partiti, gli scolari avevano redatto i programmi e, un bel giorno di primavera, si erano tenute finalmente le consultazioni per eleggere il Sindaco de' Ragazzi e il Consiglio degli Alunni.

La cosa aveva avuto risonanza nazionale ed era stata presa estremamente sul serio; e poiché Gigliuola era una cittadina storicamente sinistrorsa, tutti prevedevano che il Partito Divertente (sigla: PD) avrebbe vinto a man bassa le elezioni scolastiche. D'altronde presentava come candidato a Primo Alunno un ragazzino della IV B, tale Matteino, che si proponeva come attivissimo decisionista e che intendeva, con un programma di 100 punti redatto a matita su un quaderno a righe di terza, ridare lustro alla scuola e alla cittadina intera. Il principale partito avverso, il Partito Dei Leccalecca (PDL) aveva però affilato le armi: il leader nazionale, un ricchissimo bambino chiamato Arcorino de' Papi, aveva scelto come candidato il popolare portiere della Squadra Interscolastica, vale a dire Gallettino della V A. La campagna elettorale era stata senza esclusione di colpi; le facce di Matteino e Gallettino campeggiavano su tutti i muri, si tenevano affollatissimi comizi e i quotidiani cittadini di diverso orientamento parteggiavano per l'uno o per l'altro.

Alla fine, nonostante l'impegno profuso e i fiumi di denaro fattigli pervenire da Arcorino de' Papi, Gallettino risultò sconfitto e Matteino divenne il primo Sindaco de' Ragazzi della Scuola Comunale; nonostante ciò, Gallettino aveva ottenuto comunque un buon successo e il suo team in Consiglio era piuttosto cospicuo. Tra le principali esponenti della fazione di Gallettino c'era una grazïosa bambina della III F, Giocolina, con la quale Gallettino legò subito tanto da far parlare in giro di qualcosa di teneramente tenero; insieme davano battaglia a Matteino, insieme preparavano le interpellanze, e insieme tuonavano contro i problemi della Scuola e di Gigliuola tutta.

C'era da impedire che si costruisse la moscheina per i bambini di fede maomettana? Gallettino e Giocolina agivano di comune accordo, spesso coadiuvati dal partitino alleatino della Lega Norris. C'era da richiedere lo smantellamento del campino dei bimbi rom? Gallettino e Giocolina erano in prima fila. Un gruppo di ragazzini un po' troppo scuri di pelle si era sistemato in qualche edificio abbandonato, in un ospedalino dismesso o in un condominio vuoto? Gallettino e Giocolina subissavano il Consiglio degli Alunni di comunicati, prese di posizione, interpellanze, mozioni e quant'altro. Il giornalino scolastico La Ricreazione tuonava contro il degradino, per la sihurezzina e contro i venditori abusivi di figurine che stazionavano presso la chiesetta di San Lorenzino? Gallettino e Giocolina facevano subito loro la campagna. Nulla sembrava poterli separare!

Un brutto giorno, però, cominciarono a giungere notizie allarmanti dalla città di Colossea, dove avevano sede il Governo Nazionale de' Ragazzini, il Parlamento degli Scolari e tutti i principali partiti. Il Partito dei Leccalecca si stava sfasciando per colpa di un perfido cofondatore, Gianfrancuccio Parlabene, che si era stufato dello strapotere di Arcorino de' Papi dopo peraltro averlo sostenuto per anni in ogni sua iniziativa. Si giunge alfine alla rottura: Arcorino, ben supportato dalla Lega Norris e dal suo capo Himmlerino Boss, espellette espulte espulgiede espulse Gianfrancuccio dal partito, il quale fu seguito da alcuni fedelissimi a formare il nuovo partito chiamato Fare Forca. E, ohimè, con mossa del tutto inattesa, Giocolina vi entrò a far parte.

Apriti cielo. Gallettino si sentì tradito. Nel Consiglio degli Alunni della scuolina di Gigliola si assisté a una dolorosa divisione sotto gli occhi esterrefatti e divertiti di tutta la scolaresca. I due amici e compagni, che avevano tutto condiviso nel nome della più copiosa protervia, nelle interrogazioni & interpellanze una più inutile dell'altra, nel farsi prendere per i torselli donzelli fondelli da chiunque avesse ancora un barlume d'intelligenza, all'improvviso cominciarono a guardarsi in cagnesco nell'occhi. Mentre Gallettino era rimasto fedele a Arcorino suo, Giocolina aveva scelto Gianfrancuccio; e fu la fine tra loro.

Per prima cosa, si separarono di banco; e tutti sanno quanto ciò sia simbolico in qualsiasi classe. Gallettino ebbe a dichiarare di non volersi sedere mai più accanto a Giocolina; nel frattempo, il Partito dei Leccalecca di Gigliuola andava a rotoli, il coordinatore Verdino subiva provvedimenti giudiziari da parte del Tribunale dei Minorati Minorenni e gli falliva la banchetta giocattolo che aveva messo su risparmiando sulle paghette di papi, e chiudevano le sedi. Ora dovete sapere che il Direttore della Scuola aveva messo a disposizione dei vari partiti rappresentati nel Consiglio degli Alunni alcune stanzette, nominalmente degli uffici, ma delle quali i ragazzi si servivano perdipiù per giocherellare (alla Playstation e alla Politica); ovviamente, Gallettino e Giocolina erano nella stessa stanza. Una volta divisisi, cominciarono a leticarsi pure quella. È mia!, urlava Gallettino; No, è mia!, rispondeva strillando Giocolina. Si azzuffavano ogni giorno, Gallettino tagliava le treccine a Giocolina, Giocolina tirava ginocchiate nelle palle a Gallettino; e se qualcuno interveniva per separarli in nome della responsabilità, doveva presto battere in ritirata.

Che ne sarebbe stato del degradino? Si vedevano per caso incresciose e ridicole scene del genere tra i bambini marocchini, albanesi, rumeni, rom? Ben presto tutta la scolaresca e tutta la cittadina di Gigliuola prese ad ignorare Gallettino e Giocolina, che ora si odiavano e si promettevano le peggiori cose. Il Direttore trovò un'altra stanzetta per Giocolina, dove poté finalmente sistemare tutti i giocattoli che il suo ex amico Gallettino le aveva assai poco cerimoniosamente sbattuto nel corridoio; la notte, però, Giocolina andava a mettere bombette puzzolenti e raudi fischioni nella stanzetta di Gallettino, che per questo presentò l'ennesima interrogazione accolta, come sempre, e come sempre sarà nella cittadina di Gigliuola, da un coro di pernacchie.

venerdì 17 settembre 2010

La Nozione


Questa è la locandina della Nazione di ieri 16 settembre 2010.

La Nazione dice di essere un sacco di cose. Ad esempio, di essere il quotidiano di questa città, quando qui invece non è rimasta che una sorta di redazione locale a base di degradi, sihurezze, ròmme, eccetera; il resto fa parte di un cosiddetto Quotidiano Nazionale (QN), che ha annoverato tra i suoi direttori nientepopodimento che Vittorio Feltri, comprendente anche il Resto del Carlino di Bologna e Il Giorno di Milano.

Poi dice di essere un quotidiano indipendente e laico, quando è invece un foglio di strettissima osservanza berlusconiana, piduista e massone, peraltro con le ovvie strizzatine d'occhio al Vaticano. Tempo fa, il Vernacoliere lo definì Quotidiano indipendente di Forza Italia. Anni prima non un livornese, ma un pisano, l'operaio cantautore Alfredo Bandelli, scrisse invece una canzone intitolata Telegrafo, Nazione, la stampa del padrone. Ora, direi in modo del tutto naturale, ha preso a tirare la volata alla penetrazione della Lega in Toscana; tutto questo da quotidiano che ciancia da sempre di valori del Risorgimento.

Per vedere quanto sia "indipendente" questo inserto del "Quotidiano Nazionale", perché altro non è dopo il suo passato nel gruppo del petroliere fascista Monti e nel suo presente come parte del gruppo del suo erede e altrettanto fascista Riffeser, basta leggere gli editoriali di tale Franco Cangini, che riescono a far impallidire persino quelli di Minzolini.

Direi che come presentazione a chi non è di questa città possa bastare. I bolognesi e i milanesi che conoscono "Il Giorno" lo sanno già a sufficienza. Ed è, come si può vedere, anche il coltissimo quotidiano che, un bel giorno, spedisce per tutte le edicole cittadine la locandina che si vede nella foto, in modo che sia messa in bella mostra la sua perfetta padronanza della lingua italiana. Davvero una cosa degna della città che ospita l'Accademia della Crusca.

"Caos scuola"? Forse sarebbe meglio che ci tornassero alla svelta, a scuola. Che da La Nazione cambiassero testata in La Nozione. Sì: di ortografia.

I passatempi dei ribelli non conformi

Se non fosse che i nostri amiconi identitari non conformi -che il mio amico Biribissi chiama giustamente neanchepiùfascisti- esplicano preferibilmente i loro maschi aneliti di ribellione andando a lagnarsi dai questurini ogniqualvolta qualcuno fa loro la bua, oppure arricchendo una volta all'anno qualche fabbricante di fiaccole per farsi una camminatina sul viale Milton, oppure ancora imbrattando tutto l'imbrattabile con il loro nome che sembra quello di una robiola (la "Robiola di Mamma Casaggì", suona benissimo, come lo Stracchino del Nonno Nanni), oppure ancora al quadrato organizzando il 458° convegno consecutivo su Giovanni Gentile sempre nella solita saletta dell'Hotel Michelangelo, oppure in ultimo fornendo come massimo contributo alla rivoluzione identitaria l'invito a votare per Berlusconi, beh, debbo felinamente dire che sarebbero anche degli spassi. Prendiamo ad esempio la loro ultima geniale uscita:


L'immaginetta che vedete è tratta, come indicato, dal blog di Casaggì, quello DOC (Denominazione di Ottenebrazione Controllata). Si riferisce, naturalmente, all'episodio di Torino, in cui un comunissimo rappresentante della stirpe dei servi, tale Bonanni, è stato fatto oggetto non soltanto di una pesante contestazione da parte degli unici che ancora ne hanno la forza e la capacità, ma anche del lancio di un fumogeno da parte di una ragazza che si è poi rivelata essere figlia di un magistrato. Da qui lo scatenarsi dell'intelligentissima ironia dei neanchepiùfascisti, pure con la strofetta in rima. Wow.

Ora, capisco benissimo che dei servi che, sotto la mascherina del non conformismo, si fanno da sempre ben proteggere dagli amiconi di Via Zara e trasmigrano in massa da babbo Fini a nonno Silvio, siano sensibili alle disavventure di un servo pari a loro; o forse sono a corto di scagnozzi della Regina e allora, più opportunamente, si fanno scrivere le strofette dal paroliere dell'erede al Trono (visto poi quanto ci tengono alla loro "Itaglia"). Quindi non trovano di meglio che ricorrere alla solita storiella dei centri sociali (quelli veri) pieni di figli di medici, commercialisti, magistrati eccetera. Storiella, del resto, amata anche dai loro compari di tutti i partitini "democratici", a cominciare dal PD.

Ovviamente, loro, in un centro sociale (uno vero) non ci hanno mai messo piede; e vorrei anche vedere, visto che li si riconoscerebbe immediatamente. Altrimenti vedrebbero quanti operai, quanti magazzinieri, quanti potatori, quanti ospedalieri, quanti precari precariati dal loro amico Sacconi e quanti disoccupati sarebbero pronti a far fare loro una passeggiatina molto futurista. Vedrebbero cosa ci combinano davvero i magistrati, ovvero i padri delle figlie, sbattendoci in galera e appioppandocene anni su anni perché noi, eh no, non ci limitiamo a fare disegnini "celtici" sui cassonetti e a attacchinare i manifesti Vota Ciccio. Ma, comunque, che lo dico a fare; da questi qui mica c'è da aspettarsi di più. Tutto nella regola, tutto nella norma. Ma qualcuno se li immagina davvero a leggere i Pisan Cantos di Ezra Pound...?

giovedì 9 settembre 2010

Girotondo (una canzone)

Ogni tanto anche la quiviesposta gatta Pampalea si concede il lusso di una canzone. Quella di oggi l'ha scritta un interessante e poliedrico umano chiamato Marco Rovelli. Ha lo stesso titolo di un'altra canzone, sicuramente più famosa come più famoso è il suo autore; ma che volete che gliene importi della fama, a una gatta nera tenutaria d'un blogghino di periferia.


GIROTONDO

Guarda quanto s'approssima il giorno
che non ci si può sporger più in là
e bisogna che togli di torno
chi a te essere simil non sa

Guarda quanto è fonda la notte
non ci sono che lupi oramai
tu da solo ti farai giustizia
anche se luce non ne vedrai

Guarda quel fuoco che s'alza davanti
brucia ogni cosa che voce non ha,
guarda le fiamme che s'alzan d'intorno
in ogni campo un nemico ci sta

Guarda quanto rigoglio di roba
occhi gonfi di specchi e irrealtà,
cuori pieni di vuoto e paura
mano che tutto consumerà

Guarda il marchio dell'uomo nuovo,
testa alta e fierezza gli dà,
brucia il senso di un tempo sbagliato
lava colpe che lui non ha

Guarda quel passo dell'oca che avanza
in vesti morbide, così charmant,
guarda quell'uomo che ride da squalo
sta digerendo la sua civiltà

Guarda che bello questo girotondo
che la terra cascare ormai fa
guarda che rotola in un precipizio
con gli occhi chiusi a questa immensità

E si spalanca il mondo e cade nell’aperto
La bocca si apre muta al suo deserto
E si spalanca il mondo in viscere e parole
Versate e messe a seccare al sole

Si versa il sangue sparso, si aprono le vene
si perde tutto ciò che ci appartiene
Si versano le lacrime, hai lacrimato troppo
Si spalanchi la luce nel tuo occhio

E orbite e fuochi, e atomi innocenti
inclinano ad ignoti movimenti
E l’universo è solo un attimo d’incendio
Inclina il cuore all’ultimo dispendio

E non c’è mai scampo allo spazio aperto
Accoglie il sangue il prossimo deserto
E vive il sangue un nuovo ricambio di stagione
Il cuore ha la sua rivoluzione.

mercoledì 8 settembre 2010

Anni versati


Son sempre presi dagli anniversari, questi umani qua; così oggi me ne permetterò uno anch'io. Che, poi, è già passato da tre giorni, perché il 5 settembre era tre giorni fa. Non è neanche un anniversario "tondo", perché dal 1974 fanno 36 anni. Che roba è un trentaseiesimo anniversario; ma tanto, poi, anche quando si arriverà al quarantesimo o al cinquantesimo sarà perfettamente lo stesso.

Di anni, ora, Fabrizio Ceruso ne avrebbe diciannove più trentasei. Anche a una gatta nera dà fastidio doverne parlare così, una questione di anni passati, una questione di un ragazzo -uno dei tanti- ammazzato dalla polizia mentre lottava per una casa. Anzi, no, pardon: ammazzato dai figli del popolo. Scusatemi, sarò sicuramente prolissa; ma a me quella cosetta di Pasolini continua a stare sul gozzo. Sì, lo so che poi la ha corretta; lo so che sarà stata una provocazione; lo so che Pasolini, probabilmente, cercava di incontrare e capire. Tutto quello che si vuole. Ma a me continua a sembrare una delle peggiori stronzate che siano mai state dette.


venerdì 3 settembre 2010

I ribelly del Bogsilly



Caspyterina.
Non lo sapevo che, in questa città, avevamo dei ribelly. E che ci avevamo pure il Bogside. A dire il vero, ora come ora non si sa dove sia di preciso: prima era in Maruffy Street, però sembra che sia in corso di trasloco. Forse saranno stati scacciati dagli scagnozzi della regina. O forse son tutti allo Yab.

Siccome sono una gatta assai curiosa, sono andata alla ricerca di questo nuovo e misterioso Bogside cittadino. Preso per assunto che le strade attorno al viale Milton e a via Lorenzo il Magnifico non assomigliano neanche un po' al Bogside di Derry, me ne sono andata giro per Londonflorence alla ricerca dei ribelly. A dire il vero, non li ho trovaty perché mi hanno detto che erano ancora tutti quanti in vacanza alle Seychelles; però, e questo è un autentico scoop, ho trovato vicino a via Jan Palach dei murales che riportano alla mitica Bladi Sàndei del Bogsilly, la battaglia che vide le eroiche gesta dei nostri ribelly contro un intero distaccamento di vigily urbany del RUC (Royal Ugnano Constabulary).


Nel primo wall mural che ho trovato, è ritratto un drammatico momento della Bladi Sàndei del Bogsilly: la prima vittima viene portata via da alcuni manifestanti e membri della Free Lampredott Association'sz, tra i quali si riconosce all'estrema destra (come dubitarne?) il vescovo Francis O' Torselly, attuale capo dei ribelly del Bogsilly. Come tutti sanno, la Bladi Sàndei si scatenò quando i vigily del Royal Ugnano Constabulary attaccarono una pacifica manifestazione organizzata dalla Gì-House per protestare contro la proliferazione dei kebabbari nel quartiere centrale di St. Lawrence. Al grido di Lampredotto e tradizione! (Lampredott and tradìscion), i ribelly percorrevano le strade quando avvenne il massacro; e il vescovo O' Torselly non si tirò indietro. Prima però si finì il suo panino.


Nel secondo, si vede il martyre Achilles "Blobby" Tothar (il cui vero cognome in gaelico era O' Toathair), ritratto sullo sfondo di una bandiera itagliana sbagliata. È probabilmente la figura più emblematica ed amata dei ribelly del Bogsilly: pur essendo un formidabile mangiatore di lampredotto (riusciva ad ingurgitarne anche dieci panini alla volta), decise di iniziare uno sciopero della fame ad oltranza, in realtà consigliatogli dal suo dietologo dopo che aveva raggiunto e superato abbondantemente il quintale di peso. Il martyre non resse ovviamente a lungo: dopo essere stato eletto in parlamento, festeggiò con un'autentica strippata di lampredotto, poppa, trippa e centopelle che lo condusse a rapida morte. Altri ribelly si immolarono seguendo il suo esempio.

Si può quindi vedere come i ribelly del Bogsilly ancora continuino ad essere ricordati in questa città che tutto dymentica. C'è chi dice addirittura che il nuovo Bogside, o Bogsilly che dir si voglia, sarà ospitato nel famoso archivio di Zeffirelly; un'occasione da non perdere!*

*Pe' dà foho a ogni hosa Pe' promòve la hurtura in città.

mercoledì 1 settembre 2010

Enzo


Io, lo sapete, scrivo poco. Sono una gatta, e sono pigra; e le poche volte che scrivo non tengo neanche troppo fede alla dichiarazione d'intenti del blog. A giro per la città, ultimamente, non ci vo neanche tanto; a meno che non si consideri come città tutto ciò che ci sta intorno, dal cortile qua fuori fino al ristorante al termine dell'universo. E così deve aver fatto un ragazzo di nome Enzo Baldoni, che pochi giorni fa ho visto ricordato sul blog di un gatto livornese.

Quel gatto, appunto, si domandava come mai il 26 agosto scorso, praticamente nessuno avesse speso una parola su un anniversario. Sì, sarò pigra, senz'altro; conosco e pratico la nobilissima arte di non aver voglia di fare un cazzo. Però, su quella domanda di Croccantino Molotov ci ho riflettuto parecchio per i miei standard; e ho tentato di darmi persino una risposta. Anche perché, ben nascosta ovviamente, un tempo facevo parte di una strana mailing list dove, sia pure in tempi diversi, furono avvistati sia il figlio di Enzo Baldoni, sia Dino Frisullo. Pensate un po'. Roba, credo, del millennio scorso.

La risposta è, in fondo, piuttosto semplice. Il ricordo di Enzo Baldoni lo compiamo e lo dobbiamo compiere ogni giorno, o ogni volta che possiamo. Lo compiamo scrivendo e continuando a farlo senza timori e senza remunerazione. Lo compiamo esponendoci. Lo compiamo andando a ficcare il naso dovunque ci va di ficcarlo. Lo compiamo uscendo di casa proprio come Enzo, che andò a Bagdad; ché abbiamo in testa tutte le nostre Bagdad quotidiane, e andiamo a cercare, e quasi sempre le troviamo anche dietro all'angolo. Schifezze, bellezze, ingiustizie, vita, morte. E ne parliamo, esattamente come Enzo. E siamo curiose e curiosi, e non ci smontano facilmente nemmeno tagliandoci la testa. Enzobaldoniamo senza interruzione e senza rettifiche entro 48 ore. Chiediamo conto al presente, come Enzo; perché il presente è questo e ad esso dobbiamo rapportarci. Che ci piaccia o meno. Non ci piace, e allora c'è solo da operare una scelta -peraltro legittima. O dichiariamo di non avere più un futuro, oppure il futuro lo si cambia operando nel presente. Ognuno con le proprie diversità, anche estreme. Ognuno con le proprie capacità. Ognuno senza avere paura.

Avesse avuto paura, Enzo Baldoni, se ne sarebbe stato a tradurre i fumetti di Doonesbury, come faceva egregiamente. Avessimo paura, ce ne staremmo buoni buoni a curare album di fotografie, francobolli, maioliche o bottigliette di birra. E non è detto che non la taglino prima o poi anche a noi, la capoccia. Qualsiasi cosa facciamo, diciamo, scriviamo, dobbiamo sforzarci di essere pericolosi. Ogni parola sa essere un macigno. Ogni macigno, prima o poi, sa dove cadere. Dobbiamo raccontare e descrivere. Dobbiamo prendere posizione. Se ci va di andare a Bagdad, andiamo a Bagdad; se ci va di andare a Collesalvetti, andiamo a Collesalvetti. E non ce ne deve scappare mezza. Siamo noi, adesso, che stiamo reggendo la baracca; e non sono affatto esagerata, bensì del tutto consapevole, tranquilla, razionale. Enzo Baldoni è stato, dopo la sua morte, fatto oggetto di un autentico luridume; ma questo non deve provocarci soltanto sterile indignazione. L'indignazione, di un momento o di anni, non serve a niente. Ce lo ha insegnato, tra gli altri, Enzo Baldoni; il quale era un blogger già quando molti di noi ancora credevano che un blog fosse un parente prossimo di Blob.

Quindi, quando arriva il ventisei agosto, scriviamo quel che ci va di scrivere, indagare, investigare, denunciare, mettere in ridicolo il ventisei agosto. Così facendo, e per sempre, ricorderemo al meglio Enzo Baldoni: facendo quel che faceva lui. Facendo come fa, per dirne solo una, Miss Kappa, dalla sua Bagdad del centro Italia. La quale, a ridosso del 26 agosto, parlava di democrazia, di riprendersi la città, di carriole, di partecipazione in una città distrutta. Enzobaldonava a pieno regime, e Enzo Baldoni lo sapeva benissimo.

Perché è possibile che sia trasmigrato in qualche fumetto al di là del nulla; e se al termine dell'universo, come si sa, c'è un ristorante, magari ancora più in là c'è una trattoria umbra dove fanno gli strengozzi, e lui è lì rigorosamente in incognito. Come noi. Siamo tutti degli incogniti. Io, poi. Non mi vedrete mai fra i top blog, io i top li vado casomai a cacciare sempre che ne abbia voglia. Però i miei dieci centesimi ce li metto. Però lo ricordo anch'io, Enzo, saltando dalla ringhiera alla luna e spaventando con un soffio i mostri della morte.